Beatrice Russo Spatafora de Luna: divorzio alla siciliana
Tra le prove più difficili che la vita ci può obbligare a superare, c’è quella del divorzio, soprattutto se non è consensuale. Tutti noi sappiamo che in queste situazioni c’è l’alta possibilità di ricevere colpi bassi, come quella della totale assenza di fair play della controparte. L’annullamento del matrimonio potrebbe essere un’opzione, ma è minuziosamente normato dal Codice di Diritto Canonico al capitolo III “Gli impedimenti dirimenti in specie” in cui, oltre l’onestà tra le parti e la libertà di scelta, è ritenuta fondamentale la volontà di entrambi i contraenti di far proseguire la specie. Il 20 aprile 1474 il conte Carlo de Luna dà inizio alla «causa possessoria»(termine raggelante) intentata contro la moglie dopo l’abbandono del tetto coniugale e al netto rifiuto di tornare ad abitare con lui. Egli aveva provato in ogni modo a ricongiungersi con la moglie e, tramite ambasciatori e lettere, aveva cercato di raccordarsi con la contessa per essere ricevuto come si conviene a un marito. Ma non era servito e Beatrice Russo Spatafora, a detta dei testimoni, si era rifiutata perfino di leggere le missive e di prestare ascolto agli ambasciatori. La contessa, sposata già da più di due lustri, a un’età stimata di circa trent’anni, era tornata alla casa familiare non solo per le angherie e i maltrattamenti subiti dal marito ma soprattutto, fatto ancor più grave ai tempi, perché il matrimonio non era stato mai consumato per impotentia coeundi del conte de Luna. Depositando questi fatti alla corte e sottoponendosi a una visita fatta da sette ostetriche accuratamente scelte dal tribunale, dalla quale risultava che “est virgo et intacta prout exivit de corpore matris sue”, al primo grado di giudizio Beatrice Russo Spatafora fu sciolta dai voti matrimoniali. L’ex marito, ormai punto non solo nell’orgoglio personale per aver perso la moglie, ma soprattutto nell’orgoglio