Suor Angela Calamonieri, fondatrice nel ‘600 di una delle pochissime case per donne malmaritate
MESSINA. Il 1600 in Sicilia è un secolo pieno di accadimenti estremi in tutti i campi, da quello politico con le rivolte antispagnole a quello sanitario con l’arrivo della peste. In un periodo storico dove i colletti di pizzo prendono il posto delle gorgiere, il ruolo della donna è sempre più circoscritto all’ambito domestico e familiare. Dopo il Concilio di Trento la figura della donna è delineata come sottomessa all’uomo e ciò comportò tutta una serie di limitazioni che, in alcuni casi, ci trasciniamo fino a ora. In quell’epoca era consentito al marito percuotere la moglie a scopo educativo se questa fosse stata indisciplinata. Idea generale era quella che la donna fosse incapace a vivere da sola e che l’obiettivo massimo dovesse essere quello di fare famiglia, procreando progenie possibilmente maschile, occupandosi di tutte le dinamiche domestiche e rassegnandosi anche alla presenza delle concubine del marito, allora figure riconosciute e tollerate dalla società. Ma cosa accadeva alle ragazze che cadevano nella trappola degli adulatori cacciatori di dote, alle serve concubine “passate di moda”, alle vedove giovani, non più spose bambine, ancora in grado di essere tentatrici, alle donne abbandonate da mariti andati a comprare tabacco e mai più tornati? Cosa accadeva alle madri che per necessità erano costrette a lavorare fuori casa, alle donne “indomite” che, sapendo leggere e scrivere, difendevano la propria opinione o non accettavano di buongrado di condividere il marito? Per tutte loro esistevano i soccorsi, i ricoveri e i reclusori. Queste strutture erano non solo dei centri di “primo soccorso” ma, tranne in casi estremi, poli il cui obiettivo era quello rieducativo e riabilitativo. Questi organismi volevano, in linea di massima,“resettare” la donna con l’obbligo del silenzio, l’assenza di rapporti sociali sia all’interno che all’esterno della struttura, fino ad arrivare alla privazione alimentare e alle punizioni corporali, come il ceppo, per farla rientrare negli standard del Concilio di Trento
