Il PDL apre la campagna elettorale ribadendo il no all’Europa

Campagna PDL
Da sinistra Garofalo, Schifani, Martino

Sabato 2 febbraio il PDL taglia il nastro della campagna elettorale nella città di Messina. Alle 16.30 il teatro Vittorio Emanuele è gremito, le casse diffondono in loop l'inno del partito, tutti attendono il presidente del Senato Renato Schifani. Che arriva un'ora dopo, scortato dalle guardie del corpo. Il suo intervento sarà l'ultimo, a chiusura di un pomeriggio “azzurro”.

A salutare il pubblico è Enzo Garofalo, deputato, candidato alla Camera alle prossime elezioni politiche. Il clima è di grande ottimismo e alle prime parole di Garofalo ha inizio la lunga serie di applausi che scandirà l'intero pomeriggio. “L'unica vera alternativa alla sinistra è il PDL. Crediamo in questa campagna elettorale perché vogliamo evitare in tutti i modi di dare alla sinistra un governo che non merita”. Parole decise, inequivocabili. Ma un'analisi del recente passato è d'obbligo.

“Il governo Berlusconi si è guardato bene dall'attuare un inasprimento delle politiche economiche nei confronti delle famiglie. Ma la maggioranza era sempre risicata: allora, per il bene del Paese, Berlusconi ha fatto un passo indietro, nel tentativo di dare sostegno al governo Monti, avendo come unico interesse lo sviluppo dell'Italia. Uno sviluppo, però, che non c'è stato, perché il governo Monti ha messo in atto una politica di rigore, facendo i conti dello Stato e mai quelli del Paese. Il PDL ha dovuto dichiarare la sua insoddisfazione per le misure intraprese da Monti, che non è stato mai credibile e ha rinnegato le sue promesse e le sue riforme, come la riforma Fornero”.

Dalla platea si levano voci di assenso. “Berlusconi è una vittima -mi dice il mio vicino di posto- una vittima della magistratura. È stato un capro espiatorio, ma secondo me ce la farà ancora una volta. Però, io penso, ormai è anziano: potrebbe godersi la vecchiaia”.

Garofalo tocca il tema europeo, che ricorrerà più volte nel corso della serata. “Non lasciamoci sopraffare dai paesi europei più forti, che con la scusa del mercato libero hanno creato in noi italiani un sentimento di inferiorità. Noi non ci riconosciamo in questa Europa”. Ma i toni, più avanti, saranno più aspri in merito all'argomento. Garofalo conclude riconoscendo alla sua bandiera il merito di “aver riportato la gente alla politica, alla democrazia, in opposizione a gente come Beppe Grillo, il più antidemocratico di tutti”.

Prende la parola Giuseppe Castiglione, coordinate del PDL in Sicilia, che parla del presidente della Regione Rosario Crocetta, “che non vuole davvero cambiare nulla” e dell'esigenza di “sburocratizzare la macchina amministrativa italiana e di togliere ai sindacati come la GCIL la possibilità di interdire gli investimenti nel Paese”.

Dopo di lui, è il turno di Bruno Mancuso, sindaco di Sant'Agata di Militello, rieletto con il 72% dei voti. “”Il nostro non è un partito di rottamatori. In Sicilia ce la faremo, anche se i sondaggi non sono a nostro favore. Per questo chiediamo a tutti voi di promuovere porta a porta le nostre idee, in un'azione di diffusione capillare. Del resto, in Sicilia ha sempre tirato un vento di centro-destra e non possiamo andare controvento. Soprattutto in questi tempi di vergognosa attività politica da parte del presidente Crocetta”.

Applausi. Ancora note dell'inno del partito. Ringraziamenti profusi e reiterati. Sul palcoscenico del Vittorio Emanuele arriva Antonio Martino, ex ministro degli Affari Esteri e della Difesa negli ultimi due governi Berlusconi, adesso capolista alla Camera nel collegio della Sicilia Orientale, che promette di rivolgersi al pubblico “da buddace a buddaci”. Glissa sullo smantellamento dell'apparato militare che per decenni ha contribuito in maniera efficace all'economia cittadina e che lui ha cancellato da ministro della Difesa e parte subito con nomi e cognomi.

“Non voglio parlare di Grillo e dalla sua antipolitica: sarebbe un discorso da psichiatra di manicomio provinciale. Il vero problema è chi non va a votare. Il è legittima difesa, e non votare è come dare un assegno in bianco”. Aneddoti, battute e freddure: Martino sa come mantenere il pubblico attento e partecipe. E sa come infuocarlo, quando dice “io non sono euro-scettico, sono anti-europeo”. Secondo Martino, “l'Europa è una consorteria di burocrati strapagati e non soggetti ad alcuna imposta, con un notevole delirio di sopraffazione che punta a rendere uguale ciò che uguale non è”.

Poi, passa a parlare della disaffezione dell'elettore, per la quale anche il PDL ha le proprie responsabilità. Che hanno un nome e un cognome: “Irene Pivetti, Pierferdinando Casini, che Dio lo stramaledica, e Gianfranco Fini”. E ancora torna il tema della magistratura, caro a tutti quanti. “I magistrati non possono inviare avvisi di garanzia in tempi di campagna elettorale, e non possono abusare del potere di custodia cautelare: vanno puniti nella loro arroganza”.

Poi, ricorda un altro errore del PDL. “Giulio Tremonti, che ha portato l'Italia sull'orlo del baratro. Con Mario Monti, poi, abbiamo fatto un passo avanti: in quel baratro ci siamo caduti”. Quella che ha investito l'Italia durante il governo Berlusconi è stata, per Martino, una “leggera crisi, che si è trasformata in catastrofe con Mario Monti, che ha applicato la legge della Regina di Cuori: miele ieri, miele domani, ma mai oggi. Ha governato in prosa, fa campagna elettorale in poesia. È uno dei più grandi mistificatori ad aver insozzato la politica”. Martino chiude il suo intervento con una rassicurazione, che conforta tutti quanti. “Dal punto di vista finanziario, l'Italia è il paese più solido d'Europa e lo spread alto non è quel disastro che ci hanno fatto credere”.

Finalmente Renato Schifani sale sul palco. Solo un cenno a Domenico Nania e Giuseppe Buzzanca. “Nessuna epurazione, è contro la nostra cultura, noi siamo il partito dell'aggregazione”. E poi comincia con la campagna elettorale. “Lo scenario Bersani-Vendola ci metterebbe di fronte a contraddizioni infinite e davanti ad eventi inaccettabili, come un'eventuale nuova legge che permetta a un bambino di avere due genitori dello stesso sesso. Una cosa che va contro la naturale logica della famiglia”.

Se dovesse vincere la sinistra “andremmo incontro a una legislatura breve e tormentata, con conseguente paralisi totale del Paese. Noi vogliamo cambiare questo Stato. Sì alla meritocrazia e non alla raccomandazione, sì alla semplificazione della burocrazia, sì alla riduzione del numero dei parlamentari e alla trasparenza del loro profilo patrimoniale, no ai finanziamenti pubblici ai partiti, no all'antipolitica e al grillismo”.

Schifani chiude la serata rivolgendo un pensiero a Silvio Berlusconi, “vittima del diktat dei paesi forti e delle operazioni mediatiche che lo hanno screditato, mal tollerato perché ha sbattuto i pugni sul tavolo per difendere gli interessi del Paese. E' stato trattato come se fosse il problema di un Paese che lui amava. Ma vincerà e tornerà a governare il Paese che tanto ama”. Ringraziamenti profusi e reiterati. Nessun accenno al fatto che negli ultimi 19 anni il PDL ha governato l'Italia per 16 anni. Ancora note dell'inno del partito. Applausi.

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