Francesco Andaloro, dopo il ponte verso il terzo album

Francesco Andaloro

Musicista, autore e produttore. Francesco Andaloro, 29 anni, messinese, è un artista a 360 gradi. Lo intervistiamo mentre sta lavorando al suo terzo album e, dopo avere concluso il progetto musicale “Un ponte per passare”, è pronto a partire per una tournée in Romania.

Mi parli del suo percorso musicale. Come è nato, gli studi effettuati e le esperienze che l'hanno portata ad oggi.

“Sinceramente non sono mai riuscito a spiegarmi il come o il perché di questo viaggio musicale che ho intrapreso. Sono delle cose che fanno parte di te e che, per sfida o rivincita, ti portano ad affermarle. A 17 anni ho intrapreso gli studi di canto moderno presso la MCM di Reggio con il maestro Franco Dattola ed anche lo studio del pianoforte. Da là nasce la mia prima canzone “L'Amico e l'attesa”.

Musica e realtà: lo spread tartassa, la disoccupazione incombe e padri di famiglia si suicidano. Dove trova la forza di rimanere immune al mondo circostante per riuscire a raccontare le sue storie?

“Oggi viviamo un'epoca fredda così come la vive la musica. Per cui questa incertezza generale può causare dubbi su cosa raccontare. Ma pongo una riflessione. I grandi artisti del passato non sono oggi diventati incapaci di raccontare il mondo. Ciò che si respirava nell'aria negli anni ‘70 e ‘80 era un qualcosa di diverso ed anche stimolante dal punto di vista musicale. Oggi anche la paura è diventata “vita”, un qualcosa da raccontare. Fondamentalmente la musica è un ottimo rifugio dove la fantasia e l'irrealtà danno colori al chiaroscuro della vita”.

In Italia ci sono due tipi di cantautorato. Quello impegnato politicamente (De Andrè, Guccini, De Gregori) e quello apolitico per scelta (Zero, Baglioni, Ferro). Lei si rispecchia in uno dei due filoni? Crede che la politica debba esser tenuta fuori dal pentagramma per non influenzare il proprio pubblico?

“Ho sempre prediletto il filone apolitico, perché per me la musica è creazione, invenzione. Per cui nell'atto di creazione ritengo importante offrire un qualcosa di “fantastico”e “utopico” che non troviamo nella vita reale, sommersa dai problemi di cui tv e giornali sono saturi. Riguardo il binomio politica-musica, ritengo che un artista non debba mettere a tacere le proprie ideologie, ma cercare di renderle meno reali possibile e creare una storia a lieto fine. Il paradosso per la musica e l'arte in generale, che sono fondamentalmente fantasia ed irrealtà, è quello di riuscire a mettere insieme popoli e culture diverse. Cosa che la politica e la religione non sono mai riuscite a fare. L'artista ha fra le mani uno strumento importante  e saperlo utilizzare è anche una grande responsabilità”.

Anni ‘70 o anni ‘80?

“Decisamente anni “80. Non perché li abbia vissuti, ma di riflesso per quello che uno sguardo a ritroso mi ha permesso di conoscere. Per cui parallelamente è come se li avessi vissuti”.

Che ne pensa del livello musicale e culturale messinese?

“Artisticamente sono cresciuto tra Reggio Calabria e . Messina l'ho sempre guardata dall'esterno, come fosse un orizzonte. Ho deciso di presentare il mio secondo album (Io, l'Arte ed un senso ) proprio a Messina per testare la reazione della mia città. Ho visto due facciate. Da un lato, gente predisposta e curiosa, dall'altro ostracismo da parte degli addetti ai lavori e dagli stessi giornalisti, che non manifestarono vero interesse. Una sorta di muro o repulsione creata da chi dovrebbe informare e parlare di cultura. Con il tempo ho deciso di interrompere eventuali collaborazioni messinesi non trovando alcun riscontro. Le difficoltà in questa città sono state enormi. Quando un'idea rimane tale, seppur bella, occorre trovare dei collaboratori in grado di dare concretezza al progetto. Il mio stesso nome fu messo in discussione. Per cui il bilancio è negativo. Il distacco dalla mia città non è un atto di snobismo. Ne sono uscito comunque vincitore. Riesco ad apprezzare maggiormente la mia città osservandola da fuori”.

Cos'è l'”Amore a metà” per lei?

“E' uno di quei brani che nascono all'improvviso senza chiederti perché. Ci sono due tipi di brani. Quelli nati d'impulso, senza ragionarci, e quelli di ricerca attraverso i quali viene fuori l'essenza del musicista sempre alla ricerca di nuove sonorità, dimensioni ed elaborazioni. “Amore a metà” è stato inserito nell'album omonimo, l'album dell'incoscienza che conteneva i brani che in quel periodo mi rappresentavano meglio. Questo amore è anche quello per l'arte, tra la fantasia e la realtà”.

Il suo viaggio virtuale, la divisione in tappe. Quali sono le motivazioni che stanno dietro?

“La condizione stessa del viaggio, del silenzio. L'artista deve viaggiare, seppur virtualmente. Per essere attori della vita occorre essere grandi spettatori. Per cui occorre scendere dal viaggio e viaggiare nella vita. Un tramonto, un'alba hanno un testo e una musica propri. Un artista deve sapersi avvicinare ed ascoltare il mondo che lo circonda. Il mio primo concept-album “L'Arte ed un senso” è fatto di tante piccole tracce che mi hanno portato al tesoro finale, ovvero una grande storia comune”.

Cosa direbbe a quei ragazzi che per necessità hanno dovuto appendere la chitarra al chiodo e quindi soffocare le proprie ambizioni?

“Le ambizioni e la notorietà sono un fatto secondario. Si può essere artisti anche fuori dai riflettori, nella vita comune. La via del successo e delle notorietà non è mai stata una mia ambizione. La vera arte è riuscire a trasmettere e raccontare quel qualcosa che ad altri manca. Se non ci fossero stati i mezzi di comunicazione, tutti gli artisti si sarebbero ritrovati in fila per la stessa razione di pane”.

Progetti futuri?

“Sto lavorando ad un nuovo album, in uscita presumibilmente nel 2013. Lo chiamo l'album dei “360°” che va a toccare molteplici aspetti, alla ricerca del “nuovo” con connotazioni e richiami diversi. Sto lavorando ad un tour nei paesi dell'Est, figlio del progetto “Un ponte per passare”. Saranno tre concerti a Bucarest (18-19-20 ottobre), solo piano e voce. Questo progetto “Un ponte per passare” rappresenta la chiusura di un ciclo, di un percorso lungo 12 anni di musica. Un nuovo Francesco Andaloro che si distacca da quello di prima”.

Come si immagina tra 30 anni?

“Forse sarò migliore e più maturo di adesso. Anche la musica aiuta in questo”.

Se si dovesse descrivere in tre aggettivi?

“Pignolo, insolito e insoluto”.

Un'ultima macabra domanda: la canzone preferita che avrebbe piacere fosse suonata ai suoi funerali?

“Il Requiem di Mozart, anche se farò un sondaggio tra i miei fans prima di morire”.

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