Terremoto1908. Il Piano Borzì e la ricostruzione dopo la tragedia
MESSINA. Il terremoto del 1908 distrusse molti degli edifici storici di Messina, cancellò una fetta sostanziale del locale ceto imprenditoriale, culturale e politico e alterò in maniera irreversibile la vocazione prettamente mercantile della città. Molto si discusse, nei giorni dopo la tragedia, delle risorse finanziarie necessarie e delle modalità più opportune di riedificazione. Ci fu anche chi propose di radere al suolo e cancellare per sempre la città dello Stretto. L'intervento del Parlamento, impegnato a gestire la prima, vera e propria emergenza nazionale, attraverso gli opportuni dispositivi di legge accordò l'erogazione di somme destinate agli interventi di ricostruzione e importanti contributi giunsero perfino da varie parti del mondo.
Istituite apposite commissioni, fu rivisto il piano di urbanizzazione, identificando criteri più idonei per le nuove edificazioni e richiedendo, tra l'altro, l'adozione di metodologie costruttive antisismiche.
Nel 1909 il Governo affidò la ricostruzione della città, secondo nuovi e più sicuri criteri urbanistici, a un messinese, capo dell'Ufficio Tecnico del Comune, l'ingegnere Luigi Borzì, che mise a punto il nuovo piano regolatore in soli due anni. La città guadagnò nuovi confini: a nord il torrente Annunziata, a sud il torrente Gazzi e a ovest una strada di circonvallazione panoramica che arrivava fino all'estremo nord di Messina, a Torre Faro.
Il ricovero temporaneo dei senzatetto fu organizzato con la costruzione di baracche nelle aree libere da macerie, che inizialmente occuparono piazza Cairoli, il piano della Mosella e le rive del torrente Giostra. Il primo problema da fronteggiare fu quello dello sgombero delle macerie, della demolizione degli edifici inagibili e del ripristino dei servizi essenziali.
Il secondo, quello della disponibilità di superfici. Se da un lato fu infatti necessario liberare le aree baraccate, dall'altro esistevano notevoli problemi per l'esproprio dei terreni sui quali costruire strade o edifici pubblici.
Moltissimo materiale di risulta fu gettato in mare, specie nella zona falcata, ma molto altro fu semplicemente accatastato per fungere da base alle nuove costruzioni e la città si innalzò di due metri. In base alle norme antisismiche, i palazzi furono organizzati secondo rigide distanze di sicurezza. Le strade, larghe e parallele tra loro, si svilupparono in maniera ordinata tra i quartieri e le palazzine.
Ma il terremoto del 28 dicembre 1908 alterò anche la naturale vocazione mercantile cittadina. Cambiarono le direttrici di investimento del ceto imprenditoriale. Le operazioni finanziarie si concentrarono nella speculazione immobiliare e di compravendita dei suoli fabbricabili connessi con il risanamento edilizio.
Il terremoto servì da volano per lo sviluppo di un ceto affaristico di costruttori e di appaltatori attratti dalle possibilità di profitto e dalle agevolazioni fiscali e creditizie concesse dallo Stato per accelerare i tempi della ricostruzione.
Il Piano Borzì, approvato il 31 dicembre del 1911, ridisegnò la città in base a urgenze burocratiche, al rispetto delle leggi antisismiche e delle norme relative alla corretta strutturazione delle reti dei servizi igienici, lasciando poco spazio alla ridefinizione urbanistica e architettonica della città.
Il progetto, dimensionato per 90 mila abitanti, pose il centro amministrativo-commerciale a diretto contatto con il porto e la densità edilizia prevista, per l'altezza limitata degli edifici e la larghezza delle strade, fu molto bassa, con un rapporto tra superficie coperta e area libera del 40%.