“Ombre e luci”, al Teatro dei 3 mestieri la mostra di Diego Rotella

DiegoRotella siciliansMESSINA. Allievo e all'occorrenza collaboratore del montatore Marco Spoletini – vincitore, fra gli altri premi, di due David Donatello – ha lavorato a fianco di fotografi quali Benedict Esche e Fabio Anghelone. Ama viaggiare, tuffarsi in avventure professionali sempre nuove e imparare sul campo. Di papà romano e mamma messinese è venuto alla luce nella capitale il 5 dicembre 1997. È socievole e intrepido, ma al contempo riservato. Questo l'identikit di Diego Rotella, fotografo e film-maker “figlio d'arte” o per meglio dire … “nipote”: già nella degli Anni '60 il nonno paterno, Annibale, è stato un bravo fotografo innamorato del suo mestiere; quello materno è Walter Manfrè, il regista originario della Città dello Stretto, il cui “Teatro delle persona” è noto sia in Italia che all'estero. E ora è in terra di Sicilia che il giovane Diego approda con la mostra fotografica “Ombre e luci”, ospite dell'accogliente spazio del Teatro dei 3 mestieri – km 5,600 della Strada statale 114 – nell'ambito della rassegna “Teatrart” con la curatela della pittrice Dania Mondello. Le opere saranno esposte a partire dalle 20 di sabato prossimo, 17 febbraio, giorno dell'inaugurazione.

La mia passione vera sono l'arte e la creatività, parte integrante della mia vita fin da quando ero piccolo – dichiara il film-maker. Non avevo ancora compiuto quattro anni quando presi in mano per la prima volta una macchina fotografica. C'è una foto, scattata da mio padre, che immortala quel momento. Pesava un po', quella macchina. Le mie mani di bambino non riuscivano a contenerla, però guardai dentro l'obiettivo e non la mollai. Ed è ovvio che devo sicuramente il mio amore per la regia e la fotografia anche ai miei nonni, ognuno di loro, per me, fonte ispirazione. A dodici anni, comunque, me ne andavo già in giro a immortalare, in totale solitudine, ovunque mi fosse permesso”.

Madrina dell'evento inaugurale, Carla Donato Carciotto, vedova dell'insostituibile fotoreporter messinese Fernando, al secolo Oskar, scomparso nell'ottobre del 2016. Era stato quest'ultimo, amico di famiglia, maestro per tanti fotografi e giornalisti della sua città, generoso, vivace e indimenticabile autore a volte anche in sordina di tante inchieste, a ritrarre in un servizio fotografico un poco più che neonato Diego Rotella.

Diego, quali temi predilige per le sue opere?

Amo soprattutto la strada, nel senso più ampio del termine e quindi la vita reale. Mi viene naturale porre il mio occhio sull'umanità. Per questo tendo a indagare le emozioni: la gioia, la solitudine, il senso di appartenenza, la nostalgia. Faccio soprattutto ritratti, ma non disdegno affatto la bellezza della natura e certi panorami urbani.

Qual è stata l'ispirazione per questa mostra fotografica in Sicilia?

La mostra è stata ispirata dalla significatività nelle situazioni e nei soggetti più comuni della vita quotidiana. Volevo esplorare le emozioni e le storie nascoste dietro le apparenze, cercando di catturare la magia degli istanti fugaci e delle persone che incontriamo ogni giorno.”.

In base a cosa ha selezionato le opere?

Il processo di selezione è stato molto riflessivo e attento. Ho scelto le fotografie che meglio rappresentano il mio intento artistico e comunicativo, cercando di creare una narrazione visiva coesa e coinvolgente. Ho considerato fattori come la composizione, l'illuminazione, l'espressione dei soggetti e l'impatto emotivo di ciascuna immagine. E ho tentato di creare un dialogo emotivo con lo spettatore, invitandolo a riflettere sulle proprie esperienze e percezioni della realtà”.

Quale si augura sia il feedback del pubblico?

Il mio intento è quello di creare connessione fra le opere e il pubblico, di suscitare emozione. Credo che a questo protendano quasi tutti gli artisti. Perché l'arte dovrebbe comunicare idee ma soprattutto emozione.

Il suo percorso formativo?

Mi sono diplomato al liceo linguistico perché conoscere altre lingue mi avrebbe consentito di viaggiare con più facilità. Ho studiato fotografia da autodidatta fin da quando ero alle scuole medie e poi ho deciso di approfondire la mia passione per la settima arte e sono riuscito ad accedere alla Scuola d'Arte Cinematografica “Gian Maria Volontè” di Roma. Lì mi sono specializzato in montaggio della scena e ho acquisito definitivamente una solida base tecnica e creativa nel campo del videomaking”.

Cosa ritiene si ottenga o si perda apprendendo in autonomia?

L'autodidattismo è stato una parte integrante del mio percorso. La capacità di imparare in autonomia è preziosa perché permette maggiori flessibilità e libertà nell'esplorare nuove idee e tecniche. Di contro possono però venire a mancare l'orientamento e la guida di insegnanti e di programmi strutturati.

Dunque, cosa reputa sia fondamentale per la buona riuscita della sua professione?

Attualmente lavoro come fotografo freelance e film-maker. Insomma, ho unito le mie due grandi passioni. In questo lavoro credo siano fondamentali la costanza, la curiosità e la voglia di imparare: sperimentare e documentarsi costantemente sono la chiave per un apprendimento efficace che conduce, poi, a dar vita a prodotti di qualità”.

Qual è stato il lavoro che l'ha maggiormente influenzata?

Un lavoro che non c'entra nulla con il mio, ma da tutto si apprende, anche quando meno te lo aspetti. Durante l'emergenza COVID ho deciso di lavorare come sorvegliante in un ospedale e quella è stata un'esperienza molto significativa per me. Era un lavoro monotono, ma che mi ha permesso di osservare, giorno dopo giorno, una vasta gamma di persone e ciò ha molto influenzato, da quel momento in poi, la scelta dei soggetti delle mie fotografie”.

Come vede il futuro? Quali i progetti?

Guardo avanti con entusiasmo a nuove sfide e opportunità nel mondo della fotografia e del videomaking. Al momento sto lavorando a diversi progetti creativi sulla multiculturalità urbana, la sostenibilità ambientale e la bellezza della diversità umana. E spero con tutto il cuore di poter continuare a crescere e a evolvere come artista, condividendo le mie visioni con il pubblico”.

Elio Granlombardo

Ama visceralmente la Sicilia e non si rassegna alla politica calata dall’alto. La “sua” politica è quella con la “P” maiuscola e non permette a nessuno di dimenticarlo. Per Sicilians segue l'agorà messinese, ma di tanto in tanto si spinge fino a Palermo per seguire le vicende regionali di un settore sempre più incomprensibile e ripiegato su se stesso. Non sopporta di essere fotografato e, neanche a dirlo, il suo libro preferito è “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini.