#Messina. Al Castello di Spadafora due mostre fotografiche raccontano la Sicilia

Domenica 30 agosto saranno inaugurate al Museo dell'Argilla le mostre fotografiche I siciliani di Maccà e Album, entrambe a cura di Sergio Todesco e Alessandro Mancuso, che all'inaugurazione presenteranno le collezioni di fotografie in mostra.

All'inaugurazione saranno presenti ospiti di riguardo, legati al mondo della fotografia internazionale, tra cui lo stesso Ugo Maccà e la poetessa messinese Maria Costa, il cui volto campeggia tra i ritratti della mostra. 

E così, dopo il debutto di sabato 22 agosto al di Spadafora con la mostra dedicata al riciclo creativo e al design ecosostenibile Io non uso! Ri-uso. Creativity is contagious, la rassegna Contemporary Art in Sicily – Spadafora prosegue con il suo calendario di .

L'inaugurazione delle mostre saranno anche un'occasione per presentare finalmente al pubblico il Museo dell'Argilla, che per la prima volta apre le sue porte ai visitatori e si prepara ad accogliere nei prossimi mesi attività culturali, laboratoriali e di ricerca.

Il Museo, che si trova a Spadafora in via Nuova Grangiara, è dotato di un'ampia area espositiva di 315 metri quadri e di spazi polifunzionali in fase di allestimento, in vista della realizzazione del progetto LabForma, che doterà il Museo di strumentazioni tecniche destinate alla produzione artistica e laboratori.

L'Amministrazione Comunale intende rendere nei prossimi mesi la nuova sede museale fruibile, operativa e dotata di dignità scientifica. Il nome del Museo è dovuto alla presenza, all'interno della sala espositiva, di pareti realizzate con laterizi tradizionali a vista, di differente qualità e tipologia di posa in opera, come simbolo delle diverse tecniche costruttive tradizionali siciliane.

Le due mostre potranno essere visitate tutti i giorni dalle 17 alle 21, fino all'11 settembre.

La mostra I siciliani di Maccà costituisce un repertorio di volti e nomi che con la loro opera hanno contribuito a costruire l'identità siciliana. Ugo Maccà, originario di Marano Vicentino, negli anni '80 ha scoperto la Sicilia, e in particolare la città di Mistretta, dedicandole in seguito un libro fotografico che è diventato un'autentica dichiarazione d'amicizia. I suoi ritratti di siciliani celebri, da Ferdinando Scianna a Giuseppe Tornatore, da Letizia Battaglia a Roberto Alajmo, si concentrano sul primo piano di ciascun personaggio e contemporaneamente ne indagano l'ambiente di riferimento, creando un binomio di indagine che vale come una biografia. “Maccà ha osservato nell'ultimo trentennio le pietre e i monumenta della cultura isolana, ma si è anche dedicato allo studio di quegli straordinari documenta che sono i volti di noi siciliani – sottolinea il curatore Todesco. In ognuna di tali fotografie emerge un dettaglio (il punctum) che tocca direttamente lo spettatore e lo immette in un cortocircuito emozionale con il personaggio fotografato”. Mancuso, anche lui curatore delle due mostre, sottolinea come Maccà “mostri inevitabilmente una fotografia luogo di scambi tra fotografo e fotografato. Ugo Maccà è fotografo di vita vera, che degli sguardi sa cogliere quella consapevolezza di un essere al mondo fatto di relazioni continuamente ridefinite da quei rapporti tra ciò che si vede e ciò che si pensa. Il risultato è questa installazione, in cui si precisano tali corrispondenze e in cui ciascuna immagine è come la tessera di un ampio domino che occupa un'ala del Museo”.

foto dalla mostra Album
foto dalla mostra Album

Album, invece, è un racconto storico ed etno-antropologico della Sicilia del XX secolo, condotto da due padri della fotografia siciliana, Angelino Patti e Calogero Franchina. I due fotografi di paese  hanno lasciato il racconto di un'epoca impresso su lastre e pellicole. Patti ha immortalato la società rurale siciliana osservando dalla metà degli anni '20 ai primi anni '60 del secolo scorso la vita di Tusa e la sua microcultura, diventando evocatore di immagini, così come viene definito dal curatore Todesco. Con i suoi studi di fotografia a Boston, Patti ha consolidato la sua tecnica e messo in pratica la sua attitudine alla sperimentazione. Una volta tornato nel suo paese, è diventato senza volerlo l'unico testimone di un'epoca, fotografando gli eventi della vita locale, raccontando i momenti privati e pubblici di un territorio che può essere considerato specchio di tutta la Sicilia dell'epoca.

Franchina ha portato avanti un'analisi della società siciliana, studiando da vicino, nei loro riti e nei loro comportamenti quotidiani, gli abitanti di Tortorici e del comprensorio dei Nebrodi. Serbatoio di memoria storica e culturale, modello di un'intera società. Le fotografie di Franchina rappresentano oggi uno strumento prezioso per misurare la dimensione sociologica e le strutture profonde di una determinata cultura – quella siciliana – e al contempo una chiave di lettura della realtà odierna, seppure a un secolo di distanza. Attraverso l'opera di Franchina, inoltre, possediamo oggi un racconto storico fedele e preciso del fascismo in Sicilia

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