La poesia come arte maieutica: “Persistenze” di Stefania La Via
La raccolta poetica “Persistenze “ (Màrgana edizioni, Trapani ,2021 pagine 121) di Stefania La Via, docente di lettere ed attenta ricercatrice del passato, è un florilegio di liriche che, nel sottolineare aspetti e tematiche consuete della quotidianità, non tralascia di ripercorrere a ritroso il tempo, consentendo così, al lettore, di decodificare il presente, alla luce del passato. La lirica introduttiva ”Alla Musa” costituisce il “fil rouge”che connette, tra loro, i testi della raccolta: la banalità del presente, incline a seguire falsi ideali, mette in ombra “la messa in atto della vita”. La poesia di Stefania è limpida e ricercata, apparentemente semplice, entra nel cuore delle cose e riemerge “dai tortuosi meandri carsici”, ritrovando “echi e risonanze perdute”. Compito della poesia alta è individuare la ”persistente permanenza” di qualcosa e farla emergere dopo una completa “lievitazione”. La poesia non deve parlare “ore rotundo “ ma deve suggerire “larvatamente” un'immagine, un ricordo, un paesaggio. La poetessa conduce il lettore per mano tra le tortuose e avite strade di erice, là dove la classicità permane, dove il passaggio delle civiltà si coglie, dove il mistero della vita appassiona ancora, dove la morte non cancella e dove basta una “password” per entrare nel tempo e poi ritornare indietro. La poesia è una password, essa è capace di inarcarsi facendosi ponte tra opposte sponde, è capace di illuminarsi, creando riflessi “persistenti”. Un suono inatteso sul far dell'alba, produce un sobbalzo del cuore, che, illuso, continuerà ad attendere chi non arriverà più. Questa la poesia fatta di bisbigli e fruscii ma anche di forti e persistenti riflessi. Un suono inatteso nell'alba produce un sobbalzo del cuore che, illuso, continua ad attendere chi non arriverà più. La crudeltà del tempo fa emergere “fantasmi” aggrappati alla vita che non possiedono più. La poesia, dunque, diventa l'ultimo spiraglio di luce, una fiaccola per lumeggiare il passato. Il presente però urge, vuole il suo spazio, declina la propria identità. Il presente è “la conta dei morti, il pianto, il dolore, il legno delle bare allineate” in attesa di poter riallineare l'asse del mondo “cercando la pace”. La vita è piena di ossimori inappropriati (piazza chiusa, libertà reclusa etc…), “dobbiamo reimparare ad abbracciarci… quando lo faremo/abbandoniamoci a ciò che viene / al dono della resa”. C'è sempre una panacea al dolore, anche oggetti comuni possono dare ossigeno alla poesia, ma quanto si può resistere nel bailamme di un mondo capovolto? Questa la via di fuga proposta da Stefania “Fermarsi al bordo delle parole/richiamarle al senso/ e osservare come dall'orlo/l'abisso dei pensieri/ e trattenerli/restituirli/non farli perdere/non lasciare che disertino/aiutarli a resistere/come piante destinate a sopravvivere/ per solo memoria d'acqua.”