Colpito il clan dei tortoriciani, 8 arresti e un suicidio

Mignacca V.
Vincenzino Mignacca
MIGNACCA CALOGERO CARMELO 22 08 19721
Calogero Mignacca

Mesi di indagini e alla fine i carabinieri dei Reparti Operativi di Messina e Catania coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina e del Gruppo di Intervento Speciale (GIS) di Livorno hanno Calogero Mignacca, latitante dal 2008 insieme al fratello Vincenzino, che non appena si è reso conto dell'irruzione si è suicidato sparandosi un colpo alla tempia.

I due fratelli, elementi di spicco del clan mafioso dei tortoriciani, all'interno del quale avevano costituito un proprio gruppo criminale che faceva capo a entrambi, sono stati sorpresi in un casolare nelle campagne intorno a Lentini.

Sia su Vincenzino (Patti, 1967) che su Calogero (Castell'Umberto, 1972) pendono numerose condanne definitive all'ergastolo per associazione di stampo mafioso, omicidi, estorsioni, rapine e altri reati.

“Nel corso dell'intervento -è stato spiegato stamane durante la conferenza stampa presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina- il personale del GIS, dopo avere circondato la casa ed avere più volte intimato agli occupanti di uscire, ha sfondato la porta e fatto esplodere all'interno dell'abitazione dei flash bang, catturando nell'ingresso Calogero Mignacca, che non ha opposto resistenza pur essendo armato di una pistola calibro 22.

BONTEMPO VENTRE Carmelo
Carmelo Bontempo Ventre
Caniglia Giuseppe
Giuseppe Caniglia

Il fratello Vincenzino, che era rimasto armato all'interno di una camera  durante l'intervento, per evitare la cattura si è suicidato sparandosi un colpo alla tempia con una pistola Beretta calibro 7.65 con matricola abrasa.

Durante il sopralluogo effettuato con personale del RIS di Messina e della perquisizione dell'edificio sono stati rinvenuti un giubbetto antiproiettile e diverse armi con le munizioni (una pistola Beretta calibro 9×21 con matricola abrasa, una pistola Browning cal. 6.35, un fucile a pompa cal. 12, due doppiette calibro 12 con matricola abrasa, una pistola mitragliatrice Skorpion con silenziatore e un fucile tipo Kalashnikov calibro 7.62).

Sequestrati un computer portatile, materiale cartaceo vario e una Volkswagen Caddy rubata nel 2011 in provincia di Catania”. L'operazione è durata tutto il giorno e ha portato, la scorsa, all'arresto di altri otto individui, ritenuti fiancheggiatori dei due latitanti.

In manette Sebastiano Galati Sansone (1976), Giuseppe Galati Sansone (1961), Oscar Galati Sansone (1985), Salvatore La Fornara (1954), Carmelo Contempo Ventre (1973) e Sebastiano Tilenni Scaglione (1986). Prima dell'irruzione è stato arrestato anche Giuseppe Caniglia (1982), figlio del proprietario del fondo nel quale erano ospitati i latitanti.

GALATI SANSONE Giuseppe
Giuseppe Galati Sansone
GALATI SANSONE Oscar1
Oscar Galati Sansone

“L'attività tecnica eseguita (intercettazioni, servizi di osservazioni mediante telecamere e altro) -aggiungono dal Comando Provinciale- dimostra come queste persone supportassero i due latitanti, fornendoli di quanto necessitavano (viveri, acqua, medicinali), accompagnandoli negli spostamenti e sorvegliando l'area per individuare eventuali presenze sospette.

La diversa provenienza geografica dei favoreggiatori, Lentini (in provincia di Siracusa), Randazzo (Catania) e Tortorici (Messina) è l'ulteriore conferma della vasta e ramificata rete di appoggio di cui i fratelli Mignacca godevano.

L'operazione è stata condotta impiegando personale dei Comandi Provinciali di Messina, Catania e Siracusa”.

I due fratelli, latitanti dal 2008, quando la Corte d'Assise di Messina li condannò entrambi all'ergastolo con l'accusa di associazione mafiosa finalizzata all'esecuzione di omicidi, estorsioni, rapine e altri reati, erano inseriti nell'elenco dei ricercati più pericolosi. La loro carriera è iniziata come allevatori, per poi diventare titolari di una impresa di materiale edile (poi sequestrata) a Braidi, frazione di Montalbano.

GALATI SANSONE Sebastiano
Sebastiano Galati Sansone
LA FORNARA Salvatore
Salvatore La Fornara

“L'ascesa criminale dei Mignacca -spiegano dal Comando- in una zona posta a cavallo tra i territori del barcellonese e del tortoriciano, è stata abbastanza rapida. Vincenzino fu arrestato nell'ambito del blitz di polizia e carabinieri che sfociò nell'autunno del 1991 nel famoso processo ai taglieggiatori dei commercianti di Capo d'Orlando.

Ma in mezzo alle numerose condanne riportate dagli imputati dei clan dei Bontempo Scavo e dei Galati Giordano allo storico processo di Patti, questi fu assolto per non avere commesso il fatto.

Successivamente, i due Mignacca caddero nella rete dell'operazione “Mare Nostrum” (223 arresti il 6 giugno 1994) che ha portato nel 2011 alla condanna definitiva in di Vincenzino a 4 ergastoli (erano 6 in primo grado) e di Calogero a 4 anni e 10 mesi per associazione a delinquere di stato mafioso e, il primo, per diversi omicidi.

I due sono stati coinvolti nelle operazioni “Romanza” (31 arresti il 31 marzo 2000) e “Icaro” (44 arresti il 29 novembre 2003), condotte dalla DDA di Messina, che sgominarono la ripresa delle attività criminali dei clan tirrenici e nebroidei, seguiti all'azzeramento conseguente all'operazione “Mare Nostrum”.

TILENNI SCAGLIONE Sebastiano
Sebastiano Tilenni Scaglione

La riunificazione dei procedimenti “Romanza” e “Icaro” diede vita ad un unico processo anche se, a ridosso della sentenza di primo grado, i fratelli Mignacca, a piede libero ma sottoposti alla sorveglianza speciale, si resero latitanti dandosi alla fuga. Per entrambi la condanna all'ergastolo, confermata in Cassazione lo scorso anno, per associazione a delinquere di stampo mafioso, diversi omicidi, estorsioni, rapine e altri reati”.

Tra i numerosi omicidi attribuiti ai due fratelli come autori materiali o mandanti, quello di Maurizio Vincenzo Ioppolo, ex esattore delle tangenti per conto dei Bontempo Scavo nella zona di Brolo, eliminato quando aveva pensato di mettersi in proprio, di Giuseppe Guidara, avvenuto a Sant'Angelo di Brolo a settembre del 1996 per garantirsi un pizzo sulle false assunzioni di braccianti agricoli e sulle conseguenti provvidenze economiche gestite dalla vittima, di Vincenzo Bartolone a Tripi nel maggio del 1996 per rivalità di mestiere e attenzioni della vittima per Stefania Buggè, poi moglie di Vincenzo Mignacca, il tentato omicidio di Nunziato Alosi a Barcellona Pozzo di Gotto nel giugno del 1997 per rivalità ed esigenza di riaffermare il loro primato criminale nel territorio e l'omicidio di Calogero Maniaci Brasone a Brolo nel gennaio del 1997, organizzato per assicurare un clima di tranquillità alle case da gioco gestite dall'organizzazione criminale.

Dai processi è emerso come i fratelli Mignacca avessero costituito all'interno dell'associazione mafiosa un proprio sottogruppo, gestito paritariamente.

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