Via Don Blasco e le opportunità mancate

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Una prospettiva della via Don Blasco

Sta costando cara agli imprenditori di via Don Blasco la mancata delocalizzazione delle loro aziende. A partire dall'appuntamento perso con le opportunità date dal credito d'imposta e dall'impossibilità cronica di programmare alcunché vista la spada di Damocle che pende da quasi due anni, quando l'amministrazione Buzzanca all'improvviso si accorse che la zona era orrendamente degradata e decise di mandare tutti a casa, abusivi e non.

E così, aziende fiorenti presenti nella zona da prima della seconda guerra mondiale si sono viste rifiutare dalla Regione il rinnovo delle concessioni. Che come “braccio armato” utilizza la Capitaneria di Porto, mentre a dare un pizzico di folklore ci pensa l'assessore alle Politiche del Mare Pippo Isgrò, con i suoi proclami talvolta incauti (soprattutto quando si parla di tempistica per la riconsegna alla città della via Don Blasco), le sue messe con gli studenti liceali e le gite degli anziani che fanno tanto “amarcord”.

In mezzo, il futuro di 17 aziende e di un migliaio di lavoratori tra diretti ed indotto. “Se dobbiamo chiudere che ce lo dicano subito -commenta Emanuele Barbaro, a capo di una delle aziende storiche della zona- e così ci leviamo il pensiero. A dispetto di quanto dichiarano alcuni, non siamo mai stati contrari al recupero di questa strada. Anzi. Né tantomeno ci siamo opposti quando ci hanno detto che ce ne dovevamo andare. Abbiamo solo chiesto, ma è una questione di elementare buonsenso, indicazioni precise su dove vogliono farci trasferire. Ovviamente nessuno sa dirci nulla. L' scorsa abbiamo presentato all'amministrazione un documento redatto a nostre spese nel quale sono indicate quattro possibili aree nelle quali farci trasferire. A distanza di quasi un anno, attendiamo ancora una risposta. La mia famiglia lavora qui da ottant'anni e dall'1 gennaio, visto che non mi hanno rinnovato le concessioni, sono diventato un abusivo. In teoria potrebbero sfrattarmi da un momento all'altro, ma la verità è un'altra: non hanno idea di cosa fare e quando l'anno prossimo si insedierà la nuova amministrazione saremo ancora qui a parlare di delocalizzazione”.

Il sindaco Buzzanca, che con Isgrò e Scoglio si è intestato la crociata di ridare nuova vita alla via Don Blasco getta acqua sul fuoco. “Non stiamo abbandonando nessuno –spiega- stiamo solo valutando quale delle proposte che ci sono state presentate sia quella più facilmente perseguibile. È chiaro che non lasceremo per strada le aziende in regola”.

Sarà. Un dato però è certo: le proposte le hanno dovute individuare e presentare i privati, perché dal 2010 ad oggi dall'amministrazione di Palazzo Zanca non è venuta fuori un'idea che fosse una. Solo i proclami trionfanti di Isgrò, i cui occhi brillavano di soddisfazione davanti alle macerie di un paio di manufatti buttati giù davanti alle telecamere, e l'ipotesi, sconfessata però da Scoglio, di una corsia preferenziale per il Polo Industriale di Faro Superiore. Che, beninteso, è ancora solo sulla carta e sul quale nessuno in Comune riesce a dare indicazioni precise.

Anche perché in ballo, a dispetto delle solite rassicurazioni del solito Isgrò, c'è la vicenda della reale titolarità delle aree. Che le aziende sostengono essere demanio statale, mentre la Regione, con il plauso del Comune e della Capitaneria di Porto, con un colpo di mano nel 2010 le ha avocate a sé. Creando non poche perplessità in chi ha un minimo di dimestichezza con norme e leggi. Perché se è vero come si legge nero su bianco su un documento dell'Intendenza di Finanza di Messina del 1977 (che riportiamo in allegato) che l'area compresa tra la foce del torrente Portalegni e quella del torrente Zaera –quindi la via Don Blasco- è di proprietà dello Stato, chi ha preteso, avallato ed eseguito materialmente la demolizione di alcuni manufatti presenti sul posto prima o poi dovrà renderne ragione e, se ha commesso un illecito, pagarne le conseguenze. Il dato certo è che con la razionalizzazione delle Asi fortemente voluta dall'assessore regionale Marco Venturi e la creazione di un unico organismo nell'Isola, con l'articolo 23 della legge 8 del 2012 le aree dell'organismo messinese sono diventate, caso unico in Sicilia, di competenza del Comune. A febbraio ci sono stati due incontri con la consegna di competenze e delle tavole del Piano Regolatore Generale Industriale, dove è evidente che le aree Zir e Zis (rispettivamente Zona Industriale Regionale e Zona Industriale Statale) passano sotto le gonne di Palazzo Zanca. Peccato però che la via Don Blasco non sia compresa in nessuna delle due. E allora come è stato possibile che la Regione si sia impossessata della zona senza che nessuno abbia alzato un dito per bloccarla, che il Comune abbia mandato le ruspe a buttare giù qualcosa che un proprietario (lo Stato) ce l'ha e che la Capitaneria di Porto, inviata dal governo siciliano, abbia consegnato le ingiunzioni di sfratto?

In attesa di avere una risposta ufficiale dal Demanio Nazionale Marittimo, quello con le idee più chiare è l'assessore all'Urbanistica Pippo Corvaja. “Dalle tavole che ci sono state consegnate dall'Asi -conferma- è evidente che la via Don Blasco non rientra né nella Zir né nella Zis. È demanio statale e basta. Aspettiamo l'applicazione dei Decreti Delegati Stato-Regione sul decentramento fiscale per rivendicarle in quanto Comune. Anche perché, se l'area non diventa di proprietà comunale il principio stesso del decentramento fiscale non avrebbe alcun senso. Così come primo di senso sarebbe il passaggio intermedio alla Regione, che ha rivendicato l'area senza averne alcuna titolarità”.

E a conferma che il coup de theatre della Regione è stato quantomeno avventato, c'è un dato incontestabile: quando gli ultimi imprenditori ancora titolari di una concessione in via Don Blasco hanno pagato quanto dovuto all'inizio dell'anno, dal modello F24 è risultato evidente che la tassa è stata incassata dallo Stato.

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