Operazione Dinastia, regge l’impianto accusatorio anche in Appello

17. Il Tribunale di MessinaI giudici della Corte d'Appello di Messina hanno  emesso oggi la sentenza  riguardante l' dell'operazione Dinastia. Totalmente confermato l'impianto dell'accusa, dove i magistrati hanno disposto qualche modifica alle prime precendi e applicato delle prescrizioni. Di seguito le condanne:

Francesco Anania 9 anni e quattro mesi

Salvatore Felice Chillari 10 anni

Daniele Bertolami 10 anni

Carmelo Cannistrà, 10 anni

Pietro Bonfiglio 5 anni

Fabio Crea e Carmelo Driacchio 5 anni

Vincenzo Gullotti 5 anni

Salvatore Bucolo 9 anni e quattro mesi

Alessandro Calderone 3 anni

Dylan Seby Caliri 4 anni

Pietro Caliri 10 anni e mezzo

Carmelo Chiofalo 2 anni e mezzo

Rosaria De Gaetano 4  anni e otto mesi

Mauro Di Salvo 4 anni e otto mesi

Giovanni Fiore 13 anni

Carmelo Vito Foti 4 anni e otto mesi

Vincenzo Vito Gallo 8 anni e otto mesi

Mattia Giardina 1 anno e quattro mesi (pena sospesa)

Francesco Ianniello 2 anni (pena sospesa)

Salvatore Laudani 9 anni

Carmelo Mazzù 12 anni e quattro mesi

Jesus Matias Piccolo 4 anni e mezzo

Gjergj Preci 8 anni e mezzo

Giuseppe Puliafito 8 anni

Sebastiano Puliafito 15 anni e quattro mesi

Carmelo Quattrocchi 4 anni

Antonino Recupero 10 anni

Giuseppe Scalia 12 anni e due mesi

Carmelo Tindaro Scordino 3 anni e quattro mesi

Santo Tindaro Scordino 4 anni e quattro mesi

Antonino Signorello 6 anni e otto mesi

Sergio Spada 4 anni e quattro mesi

Andrea Villini 8 anni e quattro mesi

Scagionati del tutto Francesco Scarpaci, Massimiliano Munafò e Claudio Febo.

Condanne confermata in toto per Giovanni Crinò, Bernardo Mendolia, Lucia Bilardo, Lorenzo Mazzù, Santo Tindaro Scordino.

Tengono in definitiva le accuse formulate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, guidata dal Maurizio De Lucia, che nel febbraio 2020 ordinò il blitz con 59 arresti.

Gli accertamenti dei militari dell'Arma avevano infatti portato alla luce i traffici delle nuove leve della mafia del Longano, che estorcevano le attività economiche a tappeto, senza incappare alcuna denuncia, e che quando il racket ha smesso di “pagare” per via della crisi si sono rituffati nella droga, inondando la piazza tirrenica di sostanze stupefacenti acquistate anche a Messina, a Giostra.

I pusher piazzavano le dosi tra Barcellona, Terme e Milazzo a giovani e meno giovani acquirenti che per non lasciare tracce ordinavano attraverso i social, su internet. A confermare i sospetti degli investigatori messinesi sul grosso giro di droga che aveva ripreso a circolare sulla zona tirrenica del messinese è stato Alessio Alesci, passato alla collaborazione con la giustizia.