Lelio Bonaccorso, che fonde la passione sociale con il fumetto

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Lelio Bonaccorso

“L'uomo che fa un lavoro che ama, non lavorerà un giorno in vita sua”. Stiamo citando Lelio Bonaccorso, fumettista e illustratore messinese, che a sua volta cita Confucio,  usando questa frase per descrivere se stesso sulla sua pagina facebook professionale.

Perché il pensiero funziona come una matriosca. Ingloba al proprio interno quello di chi è venuto prima e grazie a questo si espande.

E Lelio Bonaccorso il proprio lavoro non solo lo ama, ma lo usa quotidianamente come strumento di impegno sociale, animato dal desiderio di nutrire ed arricchire i luoghi che vive e le persone che incontra.

Insieme a Marco Rizzo (fumettista e giornalista originario di Erice) ha pubblicato diversi libri di graphic journalism su temi di cui non si parla mai abbastanza e, soprattutto mai, nel modo giusto.

Uno su tutti la mafia, con Peppino Impastato – Un giullare contro la mafia (tradotto e pubblicato anche in Olanda e in Francia, vincitore nel 2009 del Premio Satira Forte dei Marmi e del premio giornalistico Giancarlo Siani) e L'invasione degli scarafaggi – La mafia spiegata ai bambini. E poi il nazismo, con Jan Karski – L'uomo che scoprì l'olocausto, fresco di pubblicazione per Rizzoli-Lizard, la casa editrice di fumetti d'autore fondata nel '93 da Hugo Pratt.

Sono nate dalla sua matita le vignette de Gli arancini di ,  tratte dall'omonimo libro di racconti di Andrea Camilleri, che nell'estate del 2011 hanno tenuto compagnia a molti attraverso le pagine della Gazzetta dello Sport, e sue sono anche alcune tavole di Fear istelf the homefront, pubblicato nientemeno che da Marvel Comics, il colosso americano del fumetto.

Volendo semplificare, potremmo dire che Lelio Bonaccorso disegna e insegna, in tutti i sensi. E a proposito di citazioni, ce n'è un'altra bellissima nelle righe che seguono (ebbene si, è una caccia al tesoro).

Dove e quando è nato? “Sono nato a Messina il 2 agosto del 1982”.

Che studi ha fatto? “La mia formazione è tutta siciliana: ho studiato all'Istituto d'Arte qui a Messina (Ernesto Basile, ndr) poi mi sono trasferito a Palermo, dove ho frequentato la Scuola del Fumetto.  Lì ho vissuto tre anni da studente, poi ci sono rimasto altri quattro perché ho cominciato a insegnare. Inizialmente tenevo dei corsi pomeridiani per bambini, poi sono diventato insegnante di prospettiva, nella stessa scuola dove mi ero a mia volta specializzato”.

E adesso? “Adesso sono un fumettista e illustratore a pieno ritmo, ma continuo a lavorare come insegnante sia a Palermo  che qui a Messina, presso il Liceo Basile. Così qualche tempo fa mi è venuta l'idea di mettere in contatto le due realtà e il risultato è che la Scuola del Fumetto aprirà i battenti anche qui, proprio all'interno del nostro Istituto d'Arte. Mi piace sapere che i giovani messinesi che vogliono studiare per diventare fumettisti possono finalmente farlo senza l'obbligo di spostarsi. Ne sono felice, migliorare la mia città rimane uno dei miei principali obiettivi. Se non utilizzi quello che sai fare per realizzare un bene superiore, che vada oltre le tue semplici necessità, allora non ha molto senso farlo, io la penso così”. 

Com'è avvenuto l'incontro con il suo partner professionale, Marco Rizzo? “Ho incontrato Marco alla scuola del fumetto, lui era il mio insegnante di sceneggiatura. Abbiamo iniziato con delle piccole collaborazioni ed oggi siamo a sei libri pubblicati insieme. Giornalismo d'inchiesta e fumetto si sposano particolarmente bene, perché con il disegno e un uso sapiente delle metafore si riesce a rendere accessibili anche gli argomenti più delicati. Condivido con Marco e ho sempre avuto una particolare sensibilità verso certe questioni. Per me è automatico unire la mia passione personale a quello che è il mio orientamento di coscienza, e quindi  trattare tematiche di rilevanza sociale. Gandhi diceva “Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo”. È una frase che mi risuona moltissimo ed è esattamente quello che cerco di fare a partire proprio dal mio lavoro, cerco di sfruttarlo al massimo per contribuire al cambiamento che desidero. Ho scelto questa via perché sono convinto che la rivoluzione culturale sia l'unica vera rivoluzione possibile per il genere umano”.

So che organizzate anche degli incontri nelle scuole per sensibilizzare i giovanissimi sui temi trattati nei vostri libri. Qualche aneddoto? “Si, il lavoro che fai con un fumetto non finisce al momento della pubblicazione, piuttosto inizia veramente solo dopo. Di aneddoti al riguardo ne ho parecchi. Io e Marco abbiamo girato buona parte dell'Italia e approfittando del fatto che alcuni dei nostri libri sono stati tradotti siamo stati anche all'estero, dove abbiamo avuto un ottimo riscontro nonostante si tratti di realtà distanti dai temi che trattiamo.  In una scuola francese ad esempio, dopo aver letto la storia di Peppino Impastato, una bambina ha concluso candidamente “ma allora Peppino non è morto, in qualche modo vive ancora”. A Savona invece, dove siamo andati a parlare de L'invasione degli scarafaggi , siamo incappati in una bambina particolarmente aggressiva, che leggendo il libro (in cui si usa la metafora del bullo per spiegare alcuni comportamenti tipicamente mafiosi) ha come preso coscienza, si è resa conto di come appariva e di cosa significava il suo comportamento. Ha chiesto pubblicamente scusa a tutta la classe e da lì ha iniziato a cambiare atteggiamento. Cose di questo tipo ci fanno capire che il messaggio che volevamo trasmettere è arrivato.

Domanda di rito: quale aspetto del suo carattere sente essere più legato al fatto di essere nato e cresciuto a Messina? “In definitiva, la capacità di trovare risorse anche dove sembra che non ce ne siano affatto. I siciliani sono molto legati alle origini, dicono di amare la propria terra ma poi non sempre la rispettano o fanno qualcosa per valorizzarla. Io non mi rivedo in questa modalità: anche se il mio lavoro non mi vincola ad un posto in particolare, ho sempre scelto di restare qui e di fare il possibile per dare il mio contributo. La soluzione a qualsiasi male si nasconde nella piaga stessa e a Messina, nonostante la situazione sia per certi versi catastrofica, ci sono un sacco di ragazzi come me che hanno voglia di rimboccarsi le maniche e che sono sicuro risolleveranno le sorti di questa città. Messina è piena di bellezza, dobbiamo solo imparare a coglierla”.

A proposito di bellezza: uno scorcio, un angolo della città a cui è particolarmente legato? “Sono tanti. Rimango spesso incantato dalla vista dello Stretto mentre sono in macchina sull'autostrada, mi piace pensare al suo significato simbolico di porta della Sicilia. E poi senza dubbio il santuario della Madonna di Dinnammare, un posto che per me ha un altissimo valore spirituale”.

 

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