Jeannette Villepreux Power, appassionata naturalista che creò gli aquari
MESSINA. Capita a volte che il luogo dove siamo costretti a vivere sia il nostro trampolino di lancio, anche se nel XIX secolo per le donne tutto era molto più difficile. Jeannette Villepreux Power, figlia di una famiglia colta, aveva una mente indomita e, grazie alla sua resilienza e audacia, riuscì a trovarsi al posto giusto al momento giusto.
Per le donne del primo ‘800 ciò significava trovare un buon marito che fosse anche un buon partito. La fortuna di Jeannette fu quella di avere un marito che le permetteva di alimentare i propri interessi e sperimentare le proprie idee incurante del fatto che per la società del tempo potesse risultare sconveniente.
I Power si stabilirono a Messina nel primo decennio del XIX secolo e rimasero nella città falcata per ben cinque lustri. Jeannette si dedicò all'esplorazione, descrizione e studio della flora e della fauna siciliana. La aiutarono i fedeli servitori, molti pescatori e la supportarono anche altri naturisti come Anastasio e Luigi Cocco. Bravissima nel disegno e appassionata di tassidermia, tecnica di preparazione e conservazione delle pelli degli animali, studiò tanto approfonditamente la regione italiana con più chilometri di coste, da pubblicare nel 1839 e nel 1842 due guide della Sicilia con interessantissimi approfondimenti su flora e fauna, dedicati soprattutto ai “naturalisti forestieri”.
Nella sua guida “Itinerario della Sicilia” per la prima volta nella storia c'era un'appendice intitolata “Catalogo ornitologico sicolo co'nomi vernacoli di Messina, Palermo, Catania e Castrogiovanni”. Ciò che la fece passare alla storia, però, non furono i libri ma i suoi studi oceanografici e l'approfondita ricerca sull'Argonauta o Nautilus, sul polpo e sulle stelle marine.
Fino a quel momento questo piccoli animali rappresentavano per gli scienziati una vera e propria incognita e molti dibattiti su tale argomento erano affrontati da studiosi di tutto il mondo già dai tempi di Aristotele. Non c'era una posizione univoca perché, come disse la Villepreux, “la mancanza di esperienza era la causa delle divergenze di opinione”.
A tale scopo, si dedicò allo studio degli esseri viventi marini. Tessendo relazioni professionali con pescatori e barcaioli dello Stretto, riuscì ad avere una ricchissima collezione di esemplari rari, vivi e in ottimo stato, spendendo pochissimo. Questa metodo sarà usato successivamente da molti altri naturalisti.
Le innumerevoli gite in mare, gli esseri marini di qualsiasi specie trovati e osservati da lei in loco e la necessità di studiarli vivi nel loro ambiente per lunghi periodi, fecero nascere il bisogno di inventare strumenti che permettessero di fare tali ricerche in sicurezza e comodità. Così, quella che fu un tempo una ricamatrice, si ingegnò nella produzione di “gabiole” atte a questo scopo.
I tipi di aquari¹ inventati da Jeannette furono tre. Il primo, in vetro, precursore degli acquari moderni, è adatto per tenere in vita e studiare i molluschi in casa o in uno studio scientifico. Il secondo, parzialmente in vetr e rivestito da una struttura di legno o di ferro all'esterno, può essere immerso ed estratto dal mare all'occorrenza per effettuare osservazioni. Il terzo, tutto in legno imputrescibile, adatto per i molluschi più grandi, è dotato di ancore e può essere immerso nei bassi fondali marini, mentre la parte superiore, uscendo fuori dall'acqua, consente di osservare i molluschi che vi si trovano dentro.
Queste invenzioni riscossero l'approvazione di altri studiosi di scienze naturali che ebbero modo di vederle a Messina a casa di Jeannette o in mare nel suo laboratorio all'aperto, creato all'interno della Zona Falcata. Grazie a queste sue invenzioni, riuscì a dimostrare le capacità rigenerative del mollusco cefalopode tetrabranchiato “cioè che il polpo dell'Argonauta era il vero fabbro della conchiglia che abita” e che “ha il potere di rifarla nella parte mancante” mettendo la parola fine ad annosi conflitti accademici, come sancì Robert Owen, direttore del Museo di Storia Naturale di Londra.
Per questo motivo Jennette fu ufficialmente riconosciuta come l'inventrice degli aquari moderni e madre dell'aquariofilia. Grazie a questa naturalista, lo studio del Nautilus fece degli enormi balzi in avanti, come d'altronde, lo studio degli ambienti marini e l'intera vita degli ecosistemi acquatici. Quando, però, i suoi doveri di moglie la obbligarono a traslocare a Parigi perdendo gran parte dei suoi appunti, dovette abbandonare le ricerche.
Pur essendo membro di importanti comunità scientifiche europee, il suo ricordo e i suoi meriti caddero in un oblio profondo, iniziando a dissolversi nel 1997 grazie allo studioso Claude Arnal. Oggi, sul pianeta Venere, un grande cratere di oltre 100 km di diametro porta il suo nome e nel 2009, “Anno europeo della Creatività e dell'Innovazione”, la Comunità Europea ha inserito Jeannette tra le 40 eroine delle scienze. Un quesito però rimane: perché, anche nella memoria, le donne hanno serie avversità per far riconoscere i propri meriti?
¹ AQUARIO deriva dal latino aqua ed è una voce dotta: ecco perché si scrive senza la “c”. Nei derivati popolari, invece, come acquazzone o acquavite, sì.