Forte Schiaffino, dove la memoria cede a degrado e amianto

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Immagini del degrado in cui versa Forte Schiaffino

Potrebbe essere un luogo d'arte e di memoria, ma la prima immagine che accoglie il visitatore quando si arrampica sulla stradina che porta a Forte Schiaffino, vicinissimo al villaggio di Santa Lucia sopra Contesse, è quella di una scarpata colma di sterro e mattoni forati fatti a  pezzi.

Forse un regalo della vicinissima discarica abusiva di inerti che è da lungo tempo  protagonista di una vicenda giudiziaria della quale Messina.Sicilians si è più volte occupato.

Forte Schiaffino appartiene a quella rete di fortificazioni costruite a Messina a partire dagli anni Ottanta del Diciannovesimo secolo, i cosiddetti forti umbertini, e sorge a 650 metri sul livello del mare, sulla collina un tempo conosciuta come Giulitta.

Gli esperti di strutture militari antiche lo considerano un'opera standard, simile ai coevi San Jachiddu e Cavalli-Monte Gallo. Era dotato di postazioni per quattro cannoni e destinato alla difesa dell'area meridionale dello Stretto di Messina e del porto.

Negli anni in cui la rete dei forti è tornata al centro dell'attenzione per i numerosi progetti di recupero e riuso condotti a buon fine da diverse amministrazioni comunali, forte Schiaffino era conosciuto soprattutto per essere sede del principale canile cittadino.

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Amianto che si sfalda all'interno del forte

Ma dal trasferimento del rifugio per i randagi nell'attuale sede di Castanea, avvenuto durante l'ultima amministrazione Buzzanca sotto la responsabilità dell'allora assessore all'Arredo urbano Elvira Amata, ben poco è cambiato.

Le condizioni della struttura sono persino peggiorate rispetto al grave stato di abbandono che l'ex presidente della Seconda Circoscrizione Giovanni di Blasi ha più volte denunciato nel 2011. 

Mentre nel fossato e nel  cortile interno fanno bella mostra di sé i resti dei fuochi con i quali i ladri di rame, assidui frequentatori del forte, puliscono la refurtiva bruciando la plastica che ricopre cavi e  avvolgimenti, le superfetazioni  costruite a suo tempo per ospitare i cani si degradano a vista d'occhio.

Ciò che resta delle coperture (lastre e frammenti d'amianto) è sparpagliato un po' dappertutto, come i mobili vecchi, oramai sfarinati dalle intemperie, i neon (pericolosissimi se ci si taglia maneggiandoli visto che, tra le altre cose, il mercurio contenuto all'interno può provocare tumori ) e i resti penzolanti dell'impianto elettrico.  

Intanto, nei locali che probabilmente erano stati adibiti ad infermeria,  centinaia di confezioni di farmaci veterinari giacciono ammucchiate alla meno peggio, esposte all'acqua e al vento. Tutto lascia supporre che il loro contenuto sia stato negli anni assorbito dal terreno, finendo per inquinare le falde acquifere.

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Foto Dino Sturiale

Il bilancio dei lavori di  messa in dell'area esterna al forte, appaltati dal Comune nel novembre del 2012, in attesa di un'ipotesi di recupero e riuso a fini socio culturali che è rimasta tale, è drammaticamente negativo.

Il progetto, fortemente voluto dall'assessore al Patrimonio della giunta Buzzanca, l'UDC Franco Mondello, è stato finanziato con fondi destinati alla manutenzione di beni confiscati alla mafia e acquisiti al patrimonio comunale, per un importo di 127.000 euro.

I lavori se li aggiudicò la ditta Parrino Gaetano di Alcara Li Fusi con un ribasso del 29,78% rispetto alla base d'asta. Obiettivo principale del cantiere  la ricostruzione delle chiusure dei varchi d'accesso. Mai portata a termine, evidentemente, vista la facilità con la quale chiunque può entrare ancora oggi all'interno del forte per fare ciò che gli pare.

La vicenda di Forte Schiaffino è così chiusa da più di un anno. L'attuale dibattito sui beni comuni e sul recupero degli immobili abbandonati al degrado potrebbe però riaprirla, in attesa che lo sforzo dell' nella ricerca di ogni possibile finanziamento per il rilancio della città tocchi anche questo lembo di periferia.

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