Il vampiro dello Stretto, capitolo 19
– Benvenuto. – Mi alzai in piedi con la dovuta prudenza, studiando i tre che mi stavano davanti. Quello che aveva parlato sembrava sulla quarantina, capelli corti e brizzolati con due occhi neri molto mediterranei. Alla sua destra uno che dimostrava al massimo una decina di anni in più, ma alto e biondo con una carnagione bianco latte da bambino, mentre dall'altro lato c'era il vampiro più vecchio che avessi mai visto. O meglio, il vampiro che dimostrava più anni che avessi mai visto. sembrava avere almeno un centinaio di anni, con una nuvola foltissima di capelli bianchi lunghi fino alle spalle, secco secco e allampanato con due occhi azzurrissimi e glaciali: sembrava il Generale inverno.
– Dove sono?
– In un'aula della facoltà di farmacia. Ci è voluto un bel po' per riuscire a beccarti.
– Che volete? Chi siete?
– Vorremmo farti qualche domanda. Questa è la nostra comunità e quando arriva qualcuno di nuovo è sempre un problema, per un verso o per un altro.
– Che volete dire?
Ignorò la domanda come se non l'avesse sentita, anche se non sfoggiò atteggiamenti da stronzo. Lo sguardo vivo e interessato gli accendeva l'espressione, come se si trovasse di fronte a qualcosa degno della sua attenzione dopo molto tempo passato a sguazzare nella noia. – Da quanto tempo sei qui? Come vampiro, intendo.
– Quasi due anni. E voi?
– Da un bel po' più di te. Quinto qui, c'era già ai tempi dei cartaginesi. – Disse indicando il vecchio. Un tempo così lungo non riuscii neppure a concepirlo, tanto che per un attimo pensai che scherzasse, visto quant'era decrepito il soggetto. Ma mi bastò guardare quegli occhi azzurri per capire che era tutto vero: non riuscii a capire se lo facesse intenzionalmente, ma emanava una tale energia da farmi rizzare i peli sulle braccia. La nuova domanda che mi rivolsero mi consentì di distogliere lo sguardo da quegli occhi ipnotici. – Sei stato creato?
– No.
– Sicuro? – Gli lanciai uno sguardo eloquente e annuì come chi ha capito.
– Se non altro non dobbiamo preoccuparci del padre. – Disse il biondo. Solo Generale Inverno si asteneva dal parlare. Si guardarono come se stessero sostenendo una discussione che non ero in grado di sentire e mi tornarono in mente le parole del vichingo sui poteri mentali. Sentivo dietro di me gli sguardi di tutti gli altri vampiri e non riuscii ad evitare di girarmi per guardarli: non mi riusciva di credere che potessero essere così tanti. Feci correre lo sguardo lungo tutta l'aula e ne contai ottantatre. Un numero enorme! Come facevano a rimanere nell'anonimato? Poi vidi lo stronzetto, ancora con gli stessi vestiti di quella volta, ma senza più quel suo ghigno. Mi guardava fisso come in attesa di qualcosa.
– Come ti chiami? – La domanda mi fece tornare al presente.
– Uriel. I vostri nomi?
– Noi siamo i membri del Consiglio. Ti ho già presentato Quinto. È rinato come vampiro dopo essere morto a centodue anni, o giù di lì. Un caso davvero singolare, sia di vita umana che di resurrezione vampirica. Questo è Francesco, era coi Mille a Marsala, quando è stato trasformato. Io sono Pietro, rinato poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ora che le presentazioni sono fatte, vorresti dirci qualcosa di più su di te?
L'idea che gli presentassi il mio stato di famiglia non mi andava più di tanto, ancora non sapevo nulla di loro e delle loro intenzioni nei miei riguardi, quindi cercai di prendere tempo. – Perché dovrei?
Fu ancora quello ad essersi presentato come Pietro a parlare, questa volta con un tono paziente nella voce. – Il Consiglio gestisce e regola tutto, valuta e autorizza le rinascite e si occupa della sicurezza della comunità, che per poter continuare a coesistere con gli uomini non può fare a meno dell'anonimato. Creare un vampiro senza la nostra autorizzazione non è consentito e quando abbiamo saputo di te, abbiamo subito pensato ad una rinascita non autorizzata. I puri come noi non sono molto comuni, sai? – Disse indicando Generale Inverno, se stesso e me. (Continua il 27 agosto)