Il tema del controllo e la vera libertà al Premio De Seta
Grande successo del Premio De Seta Documentario, promosso dalla Fondazione Calabria Film Commission, che ha appena chiuso i battenti della sua seconda edizione, ricca di proiezioni di documentari, incontri con gli autori e dibattiti con studiosi e registi.
Sede dell'evento una Reggio Calabria sfaccettata nei tanti luoghi che ospitano le proiezioni. La manifestazione è stata curata da Piergiorgio Scuteri e Novella Spanò, che hanno scelto il tema del controllo, declinato in quattro sottotemi: immaginario, migrazioni, panopticon e sapere/informazione.
“Il controllo -spiega Novella Spanò- è un tema di grande attualità: siamo convinti di vivere in piena libertà e autonomia e non ci accorgiamo di essere stati inseriti in una struttura sociale in cui il controllo è esercitato a più livelli. L'informazione è controllata, la vita politica e il lavoro sono controllati, persino il nostro immaginario è controllato”.
Come spiega il documentario con il quale è iniziato il festival, Shenzhen di Francesco Conversano, prodotto da rai tre, le megalopoli, non-luoghi senza memoria e storia, esercitano un forte controllo non soltanto sulla vita dei cittadini ma anche sull'io creativo. Un discorso corale, dove il controllo spesso è pratica autoindotta, ancora più che imposta.
Il Premio De Seta Documentario è stato un festival itinerante, che si muoverà tra l'Accademia di Belle Arti di Reggio e l'Aula Magna dell'Università Mediterranea, tra la facoltà di Architettura e il Teatro Siracusa. “Abbiamo scelto di proiettare i documentari nei luoghi-chiave della città -continua Novella Spanò- luoghi che in qualche modo fossero identificativi rispetto al tema del documentario”.
Ad esempio, l'Università per stranieri nel caso de Il castello di Massimo D'Anolfi: un anno di riprese a Malpensa, con le vite di migliaia di stranieri che ogni giorno scorrono parallelamente al sistema di gestione e controllo dell'aeroporto. Oltre a Il castello e a Shenzhen, in programma anche libri e nuvole di Pier Paolo Giarolo, Sacro Gra di Gianfranco Rosi, Anija -La Nave di Roland Sejko, Ritratti abusivi di Romano Montesarchio e Qui finisce l'Italia di Gilles Coton.
“Il documentario oggi rappresenta la mediazione ideale tra fiction e verità spiega ancora la Spanò. Realizzare un documentario significa adottare il linguaggio cinematografico, costruire un set, dare vita a una vera visione estetica. Qui la persona decide di diventare personaggio: la verità emerge dal racconto, a prescindere da quanto questo sia mediato”. Il festival è dedicato a Vittorio De Seta proprio per via del suo “approccio antropologico, preciso, un'oggettività filmica nella realizzazione dei suoi lavori”.
Sono gli studenti i principali destinatari del festival, a loro è dedicata la riflessione sulla totale “scansione dell'esistenza”, per dirla con Novella Spanò, che permette “ad una bugia affermata con molta forza di diventare una verità”.
Un festival come questo potrebbe trovare terreno fertile anche a Messina. “Qui a Reggio Calabria stiamo lavorando, insieme alla Calabria Film Commission e alla Regione, per creare un'utenza per eventi come questo festival. Vorremmo replicare l'esperienza anche a Messina e pensiamo che i presupposti ci siano, sebbene la stessa sia ormai la periferia del governo regionale”. Sarebbero sufficienti buona volontà, un bassissimo budget, “la possibilità di accedere a spazi adeguati. È un segnale che uno degli invitati al festival sia Tonino Perna, neo assessore comunale alla Cultura, nominato da Renato Accorinti. E proprio il sindaco auspica la realizzazione di un'unica area metropolitana che unisca Reggio e Messina nel nome della cultura. È assurdo che due città così vicine non riescano ad avere un canale di comunicazione culturale”.