Piero Gobetti e il suo doppio in “Mandami tanta vita”
Con il romanzo Mandami tanta vita, pubblicato da Feltrinelli nel 2013, Paolo Di Paolo ha sfiorato il premio Strega. Ha vinto altri importanti premi, ha collezionato eccellenti dichiarazioni di stima, ha meritato un giusto credito presso il mondo intellettuale italiano.
Eppure, l'autore voleva solo “entrare all'interno di due giovinezze parallele, scovarne l'energia” e raccontare la formazione politica ed esistenziale di una grande mente e del suo seguace.
La grande mente è quella di Piero Gobetti, figura centrale del romanzo, mai nominato o identificato con chiarezza “perché è più interessante conoscere il personaggio letterario e non quello storico”, come lo stesso Di Paolo ha spiega ai lettori al Feltrinelli Point di Messina, dove ha presentato il suo romanzo in occasione degli incontri mattutini con gli studenti per il Progetto Lettura.
“Mandami tanta vita” prende il titolo da una frase trovata all'interno di una lettera che Gobetti mandò alla giovane moglie, poco prima di morire. Il romanzo, ambientato a Torino e in parte a Parigi, è quasi un doppio racconto: da una parte Gobetti, l'intellettuale rivoluzionario per la portata del suo impegno politico, inconsapevole nel suo ruolo di iniziatore del pensiero più democratico e liberale e dall'altra Moraldo, studente che in Piero, il giovane dagli occhialini tondi, vede un'irraggiungibile esempio di virtù intellettuale.
“Dopo un anno e mezzo di studio e documentazione -racconta Di Paolo- ho cercato di ricostruire la vita di Gobetti, recuperando quanto restava in ombra dalla storiografia. Mi attraeva la quantità di energia che c'era in quella vita, volevo entrare, per citare proprio Gobetti, nel tumulto degli affetti e provare a capire come un uomo del genera possa essersi costruito la sua cultura, come abbia instaurato un dialogo potente con le grandi menti della sua generazione. Ma a cosa è stato costretto a rinunciare? È per rispondere a questa domanda che ho scritto il romanzo”.
È un'opera di ricerca e scoperta continua, quella di Di Paolo. “Mi attrae il segreto di come si diventa ciò che si è” spiega, ma non parla solo di Gobetti. Tanti gli scrittori incontrati e intervistati negli anni, molti dei quali hanno poi scritto di lui e dei suoi romanzi (Raccontami la notte in cui sono nato, Dove eravate tutti). Di altri ha curato le raccolte di racconti o libri-intervista (Antonio Debenedetti, Dacia Maraini, Andrea Camilleri).
Ma a uno soltanto pensava mentre scriveva: “Ho scritto Mandami tanta vita pensando ad Antonio Tabucchi come lettore ideale, a lui avrei voluto dire che meglio di così, in questo preciso momento della mia vita, non avrei potuto fare”.