Herzog è un regista fisico, intende il mestiere del regista come qualsivoglia altro mestiere artigianale, propugna il contatto reale con la realtà e non la finzione dei teatri di posa. Non crede alle accademie e all'intellettualismo pedante, e nella sua scuola di cinema ideale gli studenti dovrebbero prima di tutto diventare dei buoni atleti, abili camminatori in viaggio, ardenti di passione. L'importante è avere fede in se stessi, in un progetto. Incredibili sono i racconti dei suoi due più famosi film girati nel Rio delle Amazzoni: Aguirre furore di Dio (1972) e Fitzacarraldo (1982). In entrambi i casi il set dovette affrontare numerose difficoltà. Tutto ciò che si vede è reale, senza il ricorso ad effetti speciali. Herzog sfida la natura selvaggia e in Fitzacarraldo decide anche di sfidare la legge di gravità trainando una intera imbarcazione verso la vetta di una montagna, per mezzo di funi e argani manovrati dagli indios.
La lavorazione al film durò 4 anni. In entrambe le pellicole è presente Klaus Kinski, attore geniale quanto controverso: urlava in continuazione inveendo contro la troupe, durante una scena ferì seriamente un attore e in un momento d'ira sparò con un fucile ferendo alla mano un operatore. Herzog gli dedicherà il film Kinski, il mio nemico più caro (1999). Nei film di questo regista la vita sembra incontrare la finzione, non sembra esserci distinzione tra le due cose. Egli stesso infatti non crea differenze tra fiction e documentario, bensì distingue tra dati di fatto, che egli definisce “la verità dei contabili”, e la “verità poetica, estatica”, che può essere colta solo attraverso “invenzione, immaginazione e stilizzazione”.
I suoi film presentano personaggi ai margini della società, residui di pura umanità in un mondo corrotto, grandi sognatori. Come dimenticare L'enigma di Kaspar Hauser (1974), che racconta la vera storia di un uomo trovato incatenato in un casolare, privato di ogni rapporto con la realtà esterna e poi istruito e inserito in una società benpensante che lo renderà sofferente, oppure il già citato Fitzacarraldo, dove il protagonista decide di aprire un teatro dell'opera in mezzo alla foresta. La natura nei film di Herzog è vista con occhio affascinato, ma con la consapevolezza che essa sia “solo caos, conflitto e morte” come ha modo di dire nel suo Grizzly Man (2005). Eppure i suoi film trasudano di incanto e vita. Forse è questa una delle più importanti lezioni di Werner Herzog: seppure “Madre natura non chiama, non ti parla”, bisogna rispettare questa caotica entropia, come bisogna rispettare la morte. Accettare di non capire, ma imparare a percepire.