Il baricentro economico, inizialmente gravitante sul Mar Rosso, si spostò lungo il Mediterraneo, fino all'Atlantico, con avamposti in Sicilia e in Spagna. Divenuto un fenomeno religioso, politico e sociale, l'Islam si aprì in modo interlocutorio verso l'alterità etnica e culturale della cristianità anch'essa universalistica e si dispose all'assimilazione di alcuni aspetti della tradizione giudaica, rivendicando però il proprio primato. Le invasioni musulmane non si proposero di deradicare le civiltà preesistenti, non distrussero i monumenti innalzati dai Greci, dai Romani e anche la Sfinge sopravvisse.
L'Europa e l'Islam costituirono un fenomeno complesso ma interlocutorio. Il dialogo tra i saperi diventò una prassi diffusa sia in campo filosofico che scientifico e letterario. Ciò dimostra che il Mediterraneo, sotto la propagazione musulmana, seppe far fronte al trauma delle inimicizie e dei conflitti tra i popoli. In Sicilia, Federico II, in contrasto con i pontefici aprì un ‘interlocuzione con l'Islam dagli esiti sorprendenti. Francesco d'Assisi mostrò gran rispetto dell'alterità religiosa. Nella seconda metà del ‘500 l'imperatore musulmano Akbar il grande, sosteneva la necessità che tutte le fedi si relazionassero tra loro, sostenendo che nessun uomo dovrebbe essere ostacolato a causa della propria religione.
Oggi, anche se con difficoltà, si aprono discorsi relazionali, intellettuali e di scambio tra i popoli. Per questo motivo il Mediterraneo deve ritornare ad essere collettore di etnie e di saperi e i popoli rivieraschi devono combattere l'odio e l'ostilità, trasformando il bacino del mare in un'area di vita e non di morte.