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Emergenza coronavirus, i numeri lo confermano: la banca dati di De Luca avrebbe salvato molte vite

MESSINA. Una delle poche certezze dell'epidemia di coronavirus è che il distanziamento sociale salva la vita perché impedisce la trasmissione del COVID-19. In Sicilia il virus non c'era, a eccezione dei turisti bergamaschi a Palermo, che però sono stati posti in quarantena immediatamente. Nell'Isola il coronavirus è arrivato da fuori, con visitatori e siciliani che rientravano da fuori. Per questo, prima il DPCM dell'8 e poi l'ordinanza del presidente della Regione Siciliana Nello del 16 marzo hanno vietato gli spostamenti dei cittadini in forma sempre più restrittiva, anche se con troppa gradualità (si pensi ai diversi moduli di autocertificazione e motivazioni via, via più ridotte).

 

Bene, se la chiusura degli aeroporti siciliani (con l'eccezione dei due voli giornalieri per Roma da Palermo e Catania) ha drasticamente ridotto le occasioni di contagio, lo stesso non può dirsi per lo Stretto di Messina, che oggi è la principale via di ingresso in Sicilia. Grazie alle iniziative del Cateno De Luca, che dai primi di marzo segnala il problema, si è finalmente riusciti a ridurre i passaggi e a limitare quelli non controllati. I numeri non mentono, mai. E se attualmente nel Nord Italia la media è di 50 contagi ogni 10.000 persone, oggi in Sicilia è passata da 0 a 4,3 ogni 10.000 abitanti, causando la morte di 123 residenti. In un'isola che avrebbe potuto non contarne o contarne pochissimi se solo si fossero bloccati gli arrivi e controllate le quarantene delle persone rientrate (vacanzieri come i 160 sciatori messinesi o per altri motivi consentiti dal DPCM) dobbiamo riconoscere a De Luca che ha salvato e continua a salvare la vita di moltissimi siciliani, preservandoli dal contagio dovuto agli arrivi incontrollati, con autocertificazioni delle quali, senza la banca dati, è impossibile verificarne, in tempo utile, l'eventuale mendacità.

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