C'è un altro aspetto più drammatico, in mezzo alle gambe della scultura domina la morte. Qui infatti sono assemblati tre teschi: uno rosso (la violenza), uno bianco (la purezza) e uno nero (il crimine), simboli di morte di tre destini alla quale la donna va incontro senza saperlo. Le gambe delle due donne separano il rosso e il nero delle scarpe sanguinate cui è stata negata la libertà.
Scrive lo psicologo e psicoterapeuta Claudio Nudi: «Daliniano en noir, diretto e graffiante, attraverso un femminile declinato nei colori del sangue e della morte che ti entra dentro senza tanti complimenti e ti ferisce nella sua immediatezza, Guadagnuolo s'identifica con la logica grezza e brutale dell'aggressore e ci sottolinea l'immenso potere della seduttività del femminile visto come colpa da espiare con la morte. Un tema con cui l'uomo non ha mai fatto completamente pace: la bellezza come tentazione e desiderio, e dunque come straordinario potere, sebbene innocente, che sottomette senza appello il maschio alle sue scelte, e che quindi va piegato con la forza. Una storia antica che ancora non è stata riconciliata perché rimette ogni volta in discussione gli istinti più primordiali e le pulsioni più elementari; una vicenda antichissima che richiederà tanta cultura e tantissimi anni per essere almeno in parte pacificata».
La scultura-installazione è densa di carica emotiva, è simbolo di una transrealtà corporea che si concretizza attraverso un gioco di pieni e di vuoti. L'artista mantiene con quest'opera una sua prospettiva e si compone su diversi piani, in un palcoscenico sì enigmatico, ma di grande riflessione. L'esposizione sarà presentata venerdì 24 novembre alle 18 nella Sala Consiliare di Ardea.