Infatti, ALAMIA era considerato negli anni '70 ed '80, socio e prestanome di Vito CIANCIMINO, nonché vicino ad uno dei più spietati killer di cosa nostra Pino Greco di Ciaculli, detto “scarpuzzedda”. In quegli anni, è stato azionista di controllo e rappresentante legale della storica “INIM – Internazionale Immobiliare S.p.A.”, costituita a Palermo nel 1976 e poi trasferita a Milano, allora considerata “il terzo gruppo italiano in campo immobiliare”. Tale società si è occupata dell'acquisto di grandi aziende fallite (e dei relativi pregiati terreni, resi edificabili) in Lombardia, Piemonte e Lazio, allo scopo di preordinare grandi operazioni di speculazione immobiliare ad alto tasso d'utile. Nei primi anni '80, ALAMIA è stato indicato dagli indagati e/o coimputati Filippo Alberto RAPISARDA, Rocco Remo MORGANO, Gioacchino PENNINO e Tullio CANNELLA come soggetto che, pur non essendo formalmente affiliato a Cosa Nostra, era uno degli imprenditori di riferimento dei mafiosi PROVENZANO, RIINA e CIANCIMINO.
A seguito delle dichiarazioni rese negli anni '90 dal figlio di quest'ultimo, Massimo CIANCIMINO, ALAMIA è stato indagato per il reato di associazione mafiosa, nell'ambito di un procedimento in cui è stato rinviato a giudizio, e successivamente condannato, Marcello DELL'UTRI. In tale ambito, le indagini hanno dimostrato come egli abbia finanziato un'iniziativa del RAPISARDA e che tale operazione è stata condotta con la mediazione di DELL'UTRI. In anni più recenti rilevano, nei confronti di Francesco Paolo ALAMIA, le dichiarazioni rese, nuovamente, da Massimo CIANCIMINO e da Francesco CAMPANELLA, raccolte nell'ambito delle indagini relative alla scomparsa dell'imprenditore Antonio MAIORANA e di suo figlio, avvenuta nell'agosto del 2007. All'indomani della scomparsa, l'attenzione degli investigatori si è incentrata sull'attività svolta dal MAIORANA, ed è emerso come questi fosse interessato alle iniziative edilizie portate avanti dall'ALAMIA con l'appoggio di CIANCIMINO.