Il film, magistralmente diretto da De Palma, ci regala con linearità e qualche colpo d'occhio d'autore un poliziesco che poggia sugli stili classici del genere, dove un istrionico De Niro con la sua interpretazione riesce meravigliosamente a comunicare la negatività e la pericolosità del celebre malavitoso. Altro film che si inserisce in tale contesto storico è il capolavoro “C'era una volta in America” del 1984 di Sergio Leone. Considerato da molti critici uno dei film più belli di sempre ci racconta i vari periodi della vita del criminale David “Noodles” Aaronson (Robert De Niro) e dei suoi amici, dall'infanzia all'età adulta, dal proibizionismo fino agli anni '60, con un'articolata sceneggiatura che spazia alternativamente su diversi archi temporali e per la quale Leone dovette avvalersi di altri 5 sceneggiatori. Il film è un viaggio nell'America metropolitana di quel tempo, tra realtà e fantasia, antropologia e pura fascinazione poetica, storia e favola, un viaggio nel cuore dei grandi sentimenti umani dove amore, gelosia, odio, paura, violenza e amicizia sono trattati in maniera unica e inarrivabile. Nel viaggio nei ricordi del protagonista David il tempo dilatato e frammentato della memoria permea l'intera opera e ne dà il senso, universale ed individuale, enigmatico e sincero, come il sorriso finale di De Niro.
Un'epoca controversa, quella del proibizionismo, che si concluse il 5 dicembre 1933 quando lo Utah fu il 36º stato americano a decidere di abolire il XVIII emendamento e il Volstead Act, decretandone così la fine.