Durante l'evento è stato proiettato il film “Una bestia nel cuore” di Cristina Comencini, seguito da un dibattito moderato da Fabio Castriota e del quale sono stati protagonisti la stessa regista e lo psichiatra Angelo Macchia. Il film, tratto da un romanzo dell'autrice e nominato all'Oscar nel 2006, narra della storia di Sabina, un'aspirante attrice ritrovatasi per necessità a fare la doppiatrice. Ha una relazione con Franco, uomo sicuro di sé e della propria carriera da attore. Una notte Sabina ha un incubo che le risveglia nell'inconscio un vecchio trauma legato alla famiglia e al padre, che abusava della figlia in tenera età e anche del fratellino Daniele. Sconvolta e confusa, Sabina parte verso l'America per andare a trovare Daniele e ottenere spiegazioni e chiarimenti su un incubo che non vuole emergere chiaramente.
La Comencini afferma come questo sia uno dei film più importanti della sua carriera e anche quello su cui si è riversato il miglior giudizio da parte dei critici. Ci spiega come l'idea del film sia partita dalla personale e abitudinaria voglia di descrivere i drammatici conflitti umani in cui un individuo riesce ad assoggettarne un altro, creando contrasti interpersonali e interni. Ci rivela come la natura sia molto presente nei suoi film e nei suoi romanzi come idea di uno spazio esterno salvifico, contrapposto alla ristrettezza dei luoghi e dei nuclei sociali troppo chiusi.
Angelo Macchia, vagliando il film sotto una lente psicoanalitica, rivela il maggior pregio della pellicola nello scollamento esistente tra la trama ed il suo sotto testo. La verità giace sotto l'apparenza. È proprio cosi che funziona il trauma della memoria, afferma lo studioso: come un qualcosa che giace negli abissi ma che esiste, latente, e che non riusciamo a scrollarci di dosso. Ci ricorda come Freud sconvolse la società civile dell'epoca affermando come molti suoi pazienti affetti da un trauma ereditassero il loro male da casi di abuso sessuale famigliare. Il film ci mostra proprio questo: una famiglia borghese, il silenzio della madre, divisa tra l'amore per il marito e per i figli, “l'eterno ritorno che passa attraverso le generazioni”, come afferma Macchia. Daniele non riesce a comunicare affetto nemmeno ai suoi due figli, terrorizzato dal replicare gli errori del padre.
E allora come il cinema può aiutarci a risolvere i nostri dissidi interiori, a vivere meglio? La Comencini ha sottolineato come la settima arte sia capace di portarci in svariati posti diversi in poco tempo, come una seduta d'analisi, mentre Angelo Macchia ha chiarito come la guarigione possa avvenire in molti casi attraverso un processo emotivo. E il cinema, in fin dei conti, fa proprio questo: emoziona, opera la catarsi dello spettatore, risveglia sensazioni sopite, aiutando a conoscere meglio se stessi.