Sulla dismissione dei beni i pinelliani attaccano Accorinti

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L'esterno della Casa dello Studente

La dismissione degli immobili di non va proprio giù ai militanti del Teatro Pinelli, che attaccano duramente l'Amministrazione Accorinti di svendere beni che appartengono alla collettività.

Una nota molto severa, che contesta le scelte dell'esecutivo per rimettere in sesto le casse pubbliche.

“Nel tentativo di far quadrare i conti di un Comune disastrato  -scrivono i pinelliani- abbiamo assistito nel mese scorso alla presentazione di un piano di dismissione all'interno del più generale piano di rientro.

Ancora una volta la strategia utilizzata per fare quadrare i conti è stata quella di liquidare beni appartenenti all'intera collettività. Questo scenario apre varie considerazioni. La prima è che secondo noi non è possibile alienare ciò che appartiene al patrimonio comune. La seconda considerazione è che un piano di riequilibrio fondato sulla vendita di beni comuni non garantirebbe neppure il raggiungimento dell'obiettivo che si era preposto”.

Pollice verso quindi per le scelte della Giunta Accorinti, che nel tentativo di scongiurare il dissesto ha deciso di cedere ai privati diversi cespiti immobiliari.

“La svendita del patrimonio immobiliare di un Comune in periodo di contrazione del mercato come quello attuale -spiegano gli attivisti del Pinelli- facilita solo un progressivo deprezzamento di beni che rischiano di essere regalati ai soliti noti invece che tornare ai legittimi proprietari, ovvero le persone che abitano i territori. Da questa prospettiva la questione del Piano di Riequilibrio del Comune non può comprendere il piano di dismissioni, sul quale chiediamo con forza che si faccia totale marcia indietro.

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La Casa dello Studente occupata dagli attivisti del Pinelli

Bisogna invece cominciare a ragionare sul valore d'uso di tutto ciò che è il patrimonio comune e su questo investire in termini di qualità della vita e possibilità per i territori. Risulta davvero assurdo ragionare su come svendere beni che avrebbero potenzialità incredibili per poi magari doverli ricostruire da zero. Impossibile a tal proposito non nominare il Teatro in Fiera, riaperto grazie all'occupazione del Teatro Pinelli, sgomberato dopo due mesi e a oggi chiuso e interdetto alla libera fruizione.

Teatro sul quale vi sarebbe un progetto di svariati milioni di euro (probabilmente 7) a fronte della possibilità di restituirlo alla comunità in tempi molto più brevi, con interventi non superiori ai 300 mila euro.

Non è possibile non ravvisare, in quanto appena detto, una beffa che eguaglia il danno che produce. Mentre si parla di come far quadrare i conti si è pronti a spendere quantità enormi di denaro con ricadute minime per i territori, interrompendo esperienze innovative che ragionano in termini differenti anche dal punto di vista economico.

Non possiamo accettare che le operazioni di bilancio siano intese come fatti neutri, inerenti solo i tecnici, comprendendo invece che esse hanno ricadute sulla vita di uomini e donne che non possono essere terminali passivi di ciò che per loro è deciso”.

Ma oltre al Piano di dismissione il Collettivo del Teatro Pinelli boccia senza appello anche le scelte dell'Amministrazione accorinti inerenti le Partecipate del Comune di Messina.”Guardiamo con la stessa preoccupazione la scelta paventata di istituire Società per azioni che governino acqua, spazzatura e trasporti.

Crediamo che questo costituirebbe un grave rischio per servizi fondamentali che garantiscono diritti minimi a tutti ed a tutte. All'indomani del referendum sull'acqua, abbiamo assistito inerti a quello che si consumava davanti ai nostri occhi: Messina, come altre città, non ha saputo ribellarsi e di fatto oggi l'Aamam è una SpA. Noi pensiamo che questa non sia l'unica via possibile e che  per trasporti e spazzatura si debbano attuare soluzioni differenti.

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I pinelliani hanno occupato la Casa dello Studente il 14 febbraio scorso

Riassettare il bilancio non può voler dire asservirsi ad un modello feroce in cui i beni comuni siano privatizzati e le esigenze degli abitanti di un territorio ignorate. Capiamo bene che la questione economica è una questione non emendabile, ma depauperare territori già provati togliendo risorse non è la soluzione, ma il problema”.

Per quanto riguarda poi il sistema dei trasporti, i pinelliani pongono l'accento sui proventi dell'Ecopass, riscossi solo parzialmente, che “potrebbero essere una prima semplicissima forma di finanziamento per il Comune. E visto l'ingente attraversamento e l'esigua quantità di riscossione, come mai non si attua una più oculata verifica dei pagamenti? Quanto è sottratto alla collettività e al Comune nel momento in cui un'enorme area di territorio demaniale dove avviene gran parte dell'attraversamento su gomma è espropriata alla città?

All'indomani dello sgombero della Casa del Portuale abbiamo individuato nella Casa dello Studente la struttura pubblica più idonea a comunicare il nostro messaggio. Parallelamente anche le soggettività studentesche esistenti sul nostro territorio hanno sentito l'esigenza di una riappropriazione. La questione è: occorre scardinare quei meccanismi clientelari, affaristici, mafiosi per cui sempre più spazi e cultura, patrimoni che dovrebbero essere comuni, sono privatizzati”.

Per quanto riguarda poi l'ipotesi di spostare la residenza per gli studenti dalla struttura di via Cesare Battisti ai locali dell'ex ospedale Margherita per trasformala in secondo Palazzo di Giustizia “questa operazione risponderebbe alle solite logiche di speculazione edilizia per cui è meglio forse per l'interesse privatistico di qualche simpatico personaggio della nostra città, non di certo per la collettività studentesca, trasformare in studentato una struttura non predisposta e non in sicurezza piuttosto che, semplicemente intervenire sull'edificio adeguando la struttura alle attuali norme sismiche entrate in vigore dopo il terremoto de L'Aquila. Operazione che tra l'altro  richiederebbe un dispendio economico nettamente inferiore”.

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Foto Dino Sturiale

Esempre a proposito di beni comuni, ricordando l'occupazione del Parco Aldo Moro, nella nota si sottolinea che lo stesso è indicato come luogo di ritrovo in caso di terremoto.

“E invece è rimasto chiuso per anni, stretto in una contesa per l'assegnazione della gestione tra Comune e INGV (Istituto di ricerche sismologiche). Il Teatro Pinelli, successivamente allo sgombero del Teatro in Fiera ha liberato attraverso la pratica denominata ZTL (Zona Temporaneamente Liberata) questi 13 mila metri quadri di verde nel cuore urbano, restituendoli alla collettività.

Per poco più di due settimane quello spazio è tornato in vita, con spettacoli teatrali e concerti, eventi culturali per bambini e adulti, ma, soprattutto con la semplice possibilità di fruire del parco. Tutto questo fin quando la saldatrice dell'INGV ha nuovamente precluso l'accesso. serrando il cancello di ferro dell'ingresso.

Ad oggi l'accordo tra Comune ed Ente in questione è stato siglato ma senza alcun seguito: il parco rimane chiuso e la messa in sicurezza svuotata di senso, visto che la prevenzione degli eventuali danni sismici non è garantita né a breve termine dall'apertura del parco alla cittadinanza che potrebbe rifugiarvisi in caso di terremoto né dal lavoro di ricerca a lungo termine, che in quella sede dovrebbe esser portato avanti dall'INGV”.

Sottolineando che “le istituzioni o gli enti che hanno in gestione alcune strutture di questa città rimarcano l'inagibilità e la necessità immediata di metterle in sicurezza sgomberandole da eventuali occupanti e avviando dei fantomatici ma costosissimi progetti solo quando una o più comunità stabiliscono di prendersene cura, autogestirli e autogovernarli” gli attivisti del Collettivo del Teatro PInelli si dichiarano “convinti dell'esigenza di un dibattito aperto in città perché s'inverta nettamente la tendenza che privilegi e visioni da sempre imperanti continuino ad essere l'unica ricetta per l'esistere: il male non può essere la cura”.

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