#Sicilia. Cultura, teatro e turismo: i fondi europei mai spesi dalla Regione

Giuseppe Ministeri
Giuseppe Ministeri

Quando, forse con un po' di superficialità, si parla delle occasioni perse per l'utilizzo dei fondi comunitari, passano in secondo piano coloro con questi temi si sono confrontati, ci hanno lavorato e possono dunque entrare nel merito, descrivendone criticità e potenzialità.

Abbiamo deciso di approfondire questi argomenti con Giuseppe Ministeri, giovane e intraprendente operatore culturale siciliano. Ultima sua impresa, lo spettacolo Vento da Sud-Est, diretto da Angelo Campolo, all'interno di un più articolato metodo di lavoro che punta sull'integrazione culturale di giovani migranti a teatro.
Il tutto, sviluppato nell'ambito di Laudamo in Città 2015/2016, un progetto teatrale che per il secondo anno anima la storica sala Laudamo del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, riscuotendo consensi trasversali e numeri davvero da record.
“Siamo solo agli inizi di questa nuova avventura -commenta Ministeri. Quello realizzato è un progetto-pilota. Adesso ne faremo un vero e proprio format teatrale e lo porteremo in alcuni centri significativi e particolarmente sensibili, come Lampedusa, Palermo, Roma, in Calabria e in alcuni centri del Nord. Sostenuti dal ministero degli Interni e, appunto, dalla Comunità europea”.
Ed eccoci al punto. Allora ci sono i fondi comunitari destinati alla cultura? “Certo che ci sono. Ma intercettarli ed usufruirne non è così semplice come andare al bar per un caffè”.
Quali sono le difficoltà? “Le criticità partono proprio da Bruxelles: quando qualcuno, e ormai sono in tanti e da più parti, si scaglia contro i tecnicismi delle normative europee, non sbaglia poi così tanto. Poi, le Regioni e in questo caso la nostra come sempre si distingue, ci mettono del loro, complicando ulteriormente le cose. E poi, soprattutto, non ci si rende conto, evidentemente non si ha molta contezza, del tessuto economico-sociale in cui si opera. Parlo del sistema bancario, delle assicurazioni, degli Enti locali. Tutti quei soggetti che dovrebbero accompagnare questi processi di spesa e di investimento. Invece è tutto tremendamente debole. Ho recentemente rappresentato tutto questo dettagliatamente a Ministero e Regione, essendo stato chiamato nella “Rete per la governance delle politiche culturali”.
Veniamo ai numeri della Regione Siciliana. Come stanno le cose? “Male, malissimo. Oggettivamente, diamo dei numeri: sull'Asse 3 nel PO FESR 2007-2013 c'erano somme per oltre 700 milioni di euro. Al 30 giugno scorso, un anno e mezzo dopo quando si sarebbe già dovuto concludere il Programma, ne è stato impegnato il 70% e pagato il 35%. Non le sembra drammatica come situazione?”.
E la nuova programmazione? “Parla del 2014-2020? Qui occorre chiamare la trasmissione “Chi l'ha visto?”. Non c'è nulla, nessun numero e nessun bando ovviamente. Solo qualche vago e assai inutile documento programmatico. E siamo ad un mese e mezzo dal 2016…”.
Sono infatti tante le voci allarmate per questa situazione. “E ci credo, a ben vedere. Senza citare i politici, che inevitabilmente ne fanno strumento di propaganda e, soprattutto, capendone ben poco. Basti riflettere sull'intervento della Corte dei Conti soltanto di qualche giorno fa, quando, sostanzialmente bocciando il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2016-2018, ha espresso forti preoccupazioni sulla mancata spesa dei fondi comunitari destinati alla nostra Regione”.
Cosa consiglierebbe al nuovo Governo regionale? “Proprio nel giorno dell'insediamento ho incontrato il neo assessore ai Beni Culturali Carlo Vermiglio, che stimo e che sono certo cercherà di fare il massimo, al quale ho segnalato come una svolta e un'impronta positiva possa essere data solo se si riesce a mettere mano e a dare un forte input alla spesa delle risorse comunitarie”.
Anche perché le istituzioni culturali siciliane non riescono più ad andare avanti con le risorse ordinarie, è necessario decolli pure l'intervento dei privati. “Ha colto il punto. Se le nostre istituzioni culturali non saranno in grado di procedere con dei piani di risanamento, cogliendo loro tra i primi l'opportunità dei fondi comunitari in chiave strutturale, con una logica virtuosa, ci saranno risvolti drammatici per l'intero comparto. A proposito dell'apporto dei privati, ho partecipato giovedì scorso a un importante convegno nella sede romana della Comunità europea, dove sono state illustrate le opportunità finanziarie del Piano Juncker. Dalle nostre parti creda se ne sappia qualcosa?”.
Ma perché e come si è arrivati a questo punto? “Perché per troppo tempo, specie quando gli Enti culturali sono nati, si è guardato meramente a una logica clientelare. Poi, ed è così ancora oggi, perché nei ruoli apicali ci sono persone del tutto impreparate”.
E' così dappertutto? “Assolutamente no. Francesco Giambrone, soprintendente del Teatro Massimo, rappresenta esattamente quello di cui abbiamo bisogno: un manager, con una importante preparazione e sensibilità artistica, ma che sa tenere i conti apposto”.
In conclusione, cos'è dunque che ci manca per diventare più “europei”? “Avere una conoscenza più approfondita del locale e, contemporaneamente, una visione più globale”.

 

Elio Granlombardo

Ama visceralmente la Sicilia e non si rassegna alla politica calata dall’alto. La “sua” politica è quella con la “P” maiuscola e non permette a nessuno di dimenticarlo. Per Sicilians segue l'agorà messinese, ma di tanto in tanto si spinge fino a Palermo per seguire le vicende regionali di un settore sempre più incomprensibile e ripiegato su se stesso. Non sopporta di essere fotografato e, neanche a dirlo, il suo libro preferito è “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini.

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