Ladylike: cara Alessandra, le vere donne sono un’altra cosa

LadylikeChi mi conosce sa che per mia formazione sono contraria alla strumentalizzazione da parte della politica del corpo delle donne. Sono contraria alle Olgettine, alle veline, alle letterine, sono contraria persino alle quote rosa.

Lo so, è tanta roba. Ma che posso farci? Non accetto che la quota minima di accesso delle donne alle cariche pubbliche, ai ruoli istituzionali o agli incarichi di potere debba essere stabilita per legge.

In realtà non accetto nemmeno i governi troppo rosa che, talvolta, mi appaiono più come operazioni promozionali di ricerca (o di conferma) del consenso che come importanti tappe raggiunte nel lungo cammino da percorrere verso la parità di .

Chi mi conosce bene sa anche che non accetto chi criminalizza la bellezza delle donne, ma nemmeno chi, possedendola, se ne approfitta. Non accetto molte cose, insomma, ma meno che mai posso accettare che le donne in politica debbano diventare delle ladylike.

Ed eccole diventare donne in carriera, cuoche provette, cantanti, governatori, eurodeputati. Che dire… ci siamo cascate ancora. Lo dico con amarezza a me stessa e ad Alessandra Moretti, che ha coniato questo orrendo neologismo: ladylike.

Le eroine del futuro, insomma, capaci di governare e cucinare con passione. Bravissime a cantare e dalla pelle liscia come il culo di un bambino, grazie al provvidenziale (e settimanale) intervento dell'estetista. Sì, decisamente ci siamo cascate ancora.

Ci siamo cascate ancora perché non sono quelle le donne, cara Alessandra. Né in politica né fuori. Quelle sono le wonder woman che questa società maschilista ci ha convinto che dovrebbero essere le donne per essere all'altezza degli uomini.

Irreprensibili. Senza un capello fuori posto, mai. Ma quelle non sono le donne. Le donne sono belle ed intelligenti, sono caparbie ed ambiziose, sono passionali e curate. Ma anche no. E sono donne lo stesso. E, in fondo, diciamocelo, non ha nemmeno troppa importanza. Non in politica, almeno.

Perché, vedi cara Alessandra, il problema non è che si parli delle donne belle come sceme o delle donne brutte come sgradevoli anche se brave. Il problema è che si parli, in politica, della bellezza delle donne e non del loro talento. Il problema è che la bellezza sia un requisito, richiesto, apprezzato, rilevato o contestato solo nella componente femminile.

E voi, noi, donne della politica non possiamo e non dobbiamo accettare che questo accada ancora. È questa la vera discriminazione, non il numero di deputate inferiore rispetto a quello dei colleghi maschi. E noi la dobbiamo vincere, questa maledetta battaglia contro la discriminazione, Alessandra, anche grazie alle vittorie di donne belle e brave come te.

Ma fino a quando accetteremo che femminilità debba essere sinonimo di bellezza estetica e di cura del corpo risulteremo sempre perdenti. Non è sdoganando il parrucchiere o l'assenza di peli superflui che si affermano il carisma e l'autorevolezza di una donna di successo. È il tuo lavoro, sono le tue 230.000 preferenze, il tuo buongusto e la tua eleganza nell'affrontare il ruolo delicato che rivesti che devono parlarci della tua bellezza.

Non tu. Noi non siamo ladylike, cara Alessandra. Noi siamo donne. E dovresti essere fiera di esserlo anche tu. (www.whowhatwear.com)

Maria Flavia Timbro

Avvocato, da sempre appassionata di diritti civili, conduce quotidianamente battaglie politiche e di principio contro tutti i mulini a vento che incontra. Ferma sostenitrice della parità di genere ma contraria alle quote rosa, ama definirsi femminile e non femminista. Scrive da quando il 23 maggio del '92 una scarica di tritolo ha cambiato il suo modo di guardare le cose e la vita di tutti i siciliani onesti. Non mette gli orecchini se è di malumore e quando scrive usa, ancora, rigorosamente carta e penna. Ma non chiamatela antiquata. Al massimo un po' retrò. .

Un pensiero su “Ladylike: cara Alessandra, le vere donne sono un’altra cosa

  • 22 Novembre 2014 in 14:38
    Permalink

    Un giorno un banchiere sbarcò a Siena dalla Puglia e si portò dietro la segretaria, una bella e avvenente ragazza che non capiva nulla banca. Costei appena giunta a Piazza Salimbeni rimpiazzò la vecchia segretaria che tanta esperienza aveva accumulato negli anni dicendole: sono la segretaria personale del nuovo direttore Generale, questa è la mia scrivania. La vecchia segretaria ne dovette prendere atto cedendogli quello che era stato il suo posto per più di vent’anni! Da allora quella banca precipitò nell’abisso! Si era fatta strada la politica del cavaliere: ovvero vale più il culo della testa!

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