La versione di Setola potrebbe riaprire il processo Manca

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Attilio Manca, l'urologo assassinato dalla mafia

Nonostante l'ostinazione della Procura di Viterbo nel voler attribuire la morte dell'urologo barcellonese Attilio Manca a un'overdose, le dichiarazioni di Giuseppe Setola, killer del clan dei Casalesi, potrebbero fare riaprire le indagini sulle modalità del decesso del medico, avvenuto a Viterbo la notte tra l'11 e il 12 febbraio 2004.

Nei mesi scorsi Setola ha chiesto di essere interrogato dai PM palermitani Roberto Tartaglia e Nino Di Matteo e le sue dichiarazioni parrebbero confermare l'ipotesi della famiglia Manca, che alla morte per overdose non ha mai creduto, confortata in questo dalle dichiarazioni del primario, dei colleghi e dei collaboratori dell'urologo all'ospedale di Viterbo.

Setola avrebbe appreso i dettagli della vicenda mentre era in carcere. La Procura di Palermo, che ha trasmesso le sue dichiarazioni alla DDA di Roma, prosegue le indagini relative alla latitanza di Bernardo Provenzano, che più fonti dichiarano di avere visto in provincia di Viterbo nel 2003, l'anno in cui Attilio Manca lo ha operato a Marsiglia, dove il mafioso era ricoverato sotto falso nome.

Pochi mesi dopo il medico, famoso nonostante la giovane età per essere uno dei pochissimi in Italia a operare in laparoscopia, fu trovato con il corpo pieno di lividi, con il volto talmente tumefatto da essere irriconoscibile e con i segni di una doppia iniezione di droga (un mix di eroina e altri farmaci come poi rivelò l'autopsia) nel braccio sinistro.

Peccato che Manca fosse mancino, come testimoniano anche i colleghi che lavoravano con lui in sala operatoria. Contro ogni logica, le ferite al volto furono sorprendentemente attribuite a una caduta sul telecomando del televisore e i magistrati cui fu affidata l'inchiesta non si meravigliarono né dell'assenza di impronte nell'appartamento del medico (a parte quelle di un cugino trovate in bagno) né del fatto che quest'ultimo, subito dopo essersi iniettato una doppia dose di stupefacente, abbia deciso in un improvviso raptus da casalinga inquieta di gettare le siringhe nel cestino.

Nell' del 2013 il GIP di Viterbo Salvatore Fanti ha archiviato l'indagine aperta nei confronti di cinque persone di Barcellona Pozzo di Gotto (il cugino Ugo Manca, Angelo Porcino, Salvatore Fugazzotto, Lorenzo Mondello e Andrea Pirri), avallando la tesi della morte per overdose e incriminando per spaccio di droga solo la romana Monica Mileti.

Tesi questa sempre respinta dai genitori e dal fratello del medico, che da anni sostengono che nel 2003 la mafia barcellonese avrebbe costretto l'urologo a operare alla prostata in una clinica privata di Marsiglia Provenzano e di averlo poi ucciso per eliminare un testimone della latitanza di quest'ultimo e le sue connivenze in provincia di Messina.

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