Delude “Il lago dei cigni” ambientato a Villa Arzilla, ottima l’orchestra del TVE
MESSINA. Ormai è un classico: la mancanza di idee fa più danni della tempesta. E come già si è visto l'anno scorso con “Lo schiaccianoci” diretto e coreografato da Massimiliano Volpini e ambientato in una discarica, il Balletto di Roma torna a colpire. Questa volta con un “Il lago dei cigni” in versione Villa Arzilla.
Messi da parte l'eleganza, lo struggimento e la grazia del balletto originale (anche se rivisto più e più volte, soprattutto per quanto riguarda il finale) la regia e le coreografie di Fabrizio Monteverde danno vita a un pasticcio che ambienta la storia d'amore di Siegfried e Odette in una sorta di pensionato per anziani, dove “in un percorso struggente di illusioni e memoria -si legge nelle note sul balletto- porta in scena un gruppo di “anziani” ballerini che, tra le fatiche di una giovinezza svanita e la nevrotica ricerca di un finale felice, ripercorrono gli atti di un ulteriore, “inevitabile” Lago. Persi tra i ruoli di una lunga carriera, i danzatori stanchi di un'immaginaria compagnia decaduta si aggrapperanno ad un ultimo Lago, tra il ricordo sofferto di un'arte che travolge la vita e il tentativo estremo di rimandarne il finale”.
Il dato certo è che giustificare tagli e arbitrarie interpretazioni dell'originale dicendo che è “tratto da” e tirando in ballo anche un testo di Čechov, non è sufficiente. Con il viso coperto da maschere in stile Halloween e con costumi che hanno il punto di forza nei grigi calzettoni antistupro, i ballerini danno vita a qualcosa che non ricorda “Il lago dei cigni” neanche sforzandosi. Momenti di comicità involontaria quando Odette si veste per il ballo del principe aiutata da altre due interpreti e ci si aspetta che da un momento all'altro arrivino a dare una mano i topolini di Cenerentola Giac e Gas. Le ballerine si cambiano d'abito in scena (anche nel finale) perché nessuno ha detto a Monteverde che il nudo in scena era già sorpassato negli anni Ottanta.
Pochi e tiepidi gli applausi durante il balletto, con il pubblico perplesso che comunque alla fine ha reso omaggio ai pur bravi ballerini, in particolare Roberta De Simone (Cigno Bianco), Ainhoa Segrera (Cigno Nero), Alessio Di Traglia (Principe Sigfried) e Paolo Barbonaglia (lo stregone Rothbart), al termine dello spettacolo, nonostante un finale con i protagonisti che spariscono tra i cenci di una sorta di partenopea Venere degli stracci. La sola nota positiva riguarda l‘orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta dal M° Giuseppe Ratti, che ha dato un'ottima prova di sé. Oggi si replica alle 17.30.

