Cultura. A Palermo il Festival delle Letterature Migranti

SERENA VESTRUCCI LOST SiciliansPalermo. Venerdì 6 ottobre alle 18, al Museo Archeologico Regionale Salinas di Palermo, nell'ambito del palinsesto Arti Visive, curato da Agata Polizzi per il Festival delle Letterature Migranti, sarà inaugurata l'installazione inedita site specific di Serena Vestrucci: Lost. All'installazione si lega Chi cammina sulla neve fresca senza voltarsi non lascia impronte: performance in loop, nell'atrio del cortile maggiore del museo, che racconta il fenomeno del perdersi, l'incomunicabilità della parola, e l'incapacità di formulare la cognizione del pensiero che porta alla parola. L'inaugurazione della mostra sarà seguita alle 18.30 da una performance di Claudia Di Gangi e da una lettura poetica a cura di Mia Lecomte, poeta, narratrice, autrice di teatro. L'inaugurazione della mostra, sarà preceduta, sempre al Salinas alle 17 dall'incontro “Migrazioni e Mediterraneo”, un confronto tra Mediterraneo antico e contemporaneo a cui prenderanno parte lo storico e archeologo Michel Gras, la direttrice del Museo Archeologico Regionale A. Salinas, Francesca Spatafora e Davide Camarrone, direttore del Festival delle Letterature Migranti. http://www.festivaletteraturemigranti.itranti.it

FESTIVAL DELLE LETTERATURE MIGRANTI

SEZIONE ARTI VISIVE

Dare il nome

a cura di Agata Polizzi

Dare il nome alle persone, ai sentimenti, alle azioni, dare un'identità significa conoscere, prendersi cura, capire. Da questo presupposto imprescindibile nasce l'intenzione di raccontare la cultura migrante attraverso il linguaggio delle arti visive, un linguaggio contemporaneo e immediato, capace di filtrare il reale per restituire una suggestione o forse anche solo un modo differente e più libero per osservare il mondo. Articolato in luoghi significativi e attraverso medium vari il palinsesto Arti Visive del Festival delle letterature Migranti attiva, per il secondo anno consecutivo, un confronto fertilissimo tra parola e immagine, lasciando che l'una si perda nell'altra con fiducia. Insieme i due universi offrono la possibilità di affidare la lettura del reale ad uno sguardo rarefatto, come è quello degli artisti, ma non per questo meno puntuale, senza dubbio, trasversale. LOST Vestrucci Sicilians
Il contesto urbano amplifica significativamente l'idea di perdersi per ritrovare in spazi della città significati che si legano alla storia di essa e alla cultura che la abita, fatta di uomini e donne che respirano la medesima aria e che sperimentano tutti insieme la quotidianità con modalità soggettive. Una cultura che cambia continuamente cercando di adattarsi e influisce sui comportamenti delle persone; cultura che occorre allora che sia il più possibile limpida, condivisa, rispettosa delle differenze, sia in una parola comune, come comune deve essere il senso di appartenenza di un luogo nel quale, da sempre, la mescolanza ha significato scambio, dialogo e superamento del limite. Dare il nome mette in campo tre progetti espositivi in spazi museali fortemente caratterizzati e dislocati in tre punti cardine della città: si parte da Palazzo Branciforte, una delle sedi della Fondazione Sicilia, con la mostra dossier John Berger Jean Mohr Il settimo uomo. Una narrazione di immagini e parole sull'esperienza dei lavoratori migranti in Europa realizzata dall'Agenzia Contrasto sull'esperienza di John Berger, fotografo artista e scrittore, di cui l'editore ha pubblicato recentemente una versione rivista e aggiornata di “Il settimo uomo”  con fotografie di Jean Mohr. Il saggio pubblicato per la prima volta nel 1975, è uno spaccato sociale degli inizi degli anni Settanta sul fenomeno allora nascente dell'immigrazione in Europa attuale più che mai, poiché rivela quanto benchè i flussi fossero allora differenti,  avessero però dinamiche assolutamente identiche pur con decenni di distanza.
Il Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas, luogo di radicale importanza per la cultura del Mediterraneo accoglie il lavoro di Serena Vestrucci  (1986) Things become clear after billions of years, narrazione sottile e alquanto intimistica, che attraverso due lavori dell'artista italiana racconta la possibilità di perdersi e di ritrovarsi grazie alle parole, alla loro capacità di trasformarsi e significare, di costruire un rapporto tra le persone divenendo codice condiviso. Narrazione che diventa metafora del tempo con cui vengono acquisiti e in parte metabolizzati, i processi di comprensione dei fenomeni umani, siano essi intellettuali o sociali. Lo spazio museale ospitante così denso e narrativo, orienta poi fortemente verso la commistione tra tempi e visioni differenti. La sezione si chiude infine a Palazzo Chiaramonte Steri, sede del Rettorato, nella Sala delle Verifiche con Punte Brillanti di Lance per il Festival delle Letterature Migranti il progetto di Fondazione Merz, che presenta Divine Mother di Gili Lavy  (1987).  Il suo film d'artista esplora il rapporto tra credenze, religione e identità, interrogandosi sull'effetto che il tempo e i rituali hanno nel creare e nel distruggere le convinzioni comuni. Gili Lavy indaga con intensità il tema della morte, guardando alla religione come aspetto marginale, piuttosto come una riflessione sulla ritualità presente nelle nostre azioni in un lavoro di grande spiritualità che racconta con incisiva delicatezza l'interazione tra uomo e ambiente.

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