#Cultura. Nell’ultimo libro di Antonino Bucca i linguaggi liberatori dell’arte e della malattia mentale

Antonino Bucca
Antonino Bucca

Le storie di follia vivono di parole dette e non dette. L'immaginario simbolico della follia però è fatto anche di parole e di colori, come nella storia psicopatologica rivisitata nell'ultimo libro di Antonino Bucca, Breve viaggio nell'immaginario simbolico della follia (Corisco, Roma-Messina, 2015).

Attraverso il commento di diverse centinaia di disegni e di messaggi prodotti da un soggetto in oltre trent'anni di vissuti psicopatologici, il libro ripercorre i linguaggi espressivi delle manifestazioni psicotiche e le funzioni liberatorie e catartiche che i linguaggi pittorici, poetici e letterari consentono e che animano le creazioni degli artisti.

Se il destino della follia sembra quello di perdersi nel cercare il senso delle parole, proprio il linguaggio sembra favorire la possibilità di “mettere a tacere” i tormenti ossessivi più insidiosi. Con i loro linguaggi artistici anche i soggetti psicotici provano sentimenti liberatori.

Infatti, chi soffre di un disturbo mentale cerca di proiettare le sue esperienze nelle rappresentazioni artistiche, volgendo così l'immaginazione morbosa verso attività espressive alternative. Non a caso la psicopatologia dell'espressione costituisce uno degli ambiti privilegiati delle odierne terapie occupazionali per la cura delle psicosi.

Nonostante si tratti di un saggio specialistico, il libro può interessare anche i lettori sensibili al tema della follia o alle forme di espressione artistiche. Antonino Bucca è ricercatore di Filosofia del linguaggio all'Università di Messina, dove da diversi anni si occupa dello studio dei linguaggi psicotici. Di recente per il suo libro La follia nelle parole. Ultime voci dal manicomio criminale? (Fioriti Editore, Roma, 2013) è stato intervistato da Paola Emilia Cicerone, redattrice della rivista “Mente&Cervello”, mentre per il suo libro La gelosia e i suoi dèmoni (Editori Riuniti, Roma, 2009) ha partecipato al “Specimen” della Radio Televisione Svizzera condotto dalla giornalista Laurence Mermoud.

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