Coronavirus Messina, un altro caso al pensionato San Martino: anziana trasferita al Policlinico

MESSINA. Due mani fragili come quelle di un uccellino aggrappate alla coperta. Due occhi grandi, spaventati. Il viso piccolo, piccolo, segnato dalle rughe. I nostri sguardi si sono incrociati per qualche secondo. Io intrappolata nel mio ruolo di cronista, lei impaurita. Una muta richiesta d'aiuto impossibile da soddisfare. Quando la barella è entrata dentro l'ambulanza che prima di mezzanotte la stava portando via dal pensionato che non sappiamo da quanto tempo (settimane? mesi? anni?) era diventata la sua casa, ha distolto lo sguardo per prima. Poi ha girato la testa di lato, forse trasformando la paura in rassegnazione. Io dentro la mia auto, lei nell'ambulanza che la stava trasportando al Centro COVID del Policlinico. Lungo il tragitto, ho messo da parte le informazioni accumulate negli ultimi giorni (i tamponi lavorati con il contagocce, la casa di riposo San Martino indicata come un altro possibile focolaio di coronavirus, il rischio al quale sono stati esposti gli anziani e gli perché nessuno ha pensato che proprio i pensionati e le RSA sono i luoghi nei quali i tamponi si sarebbero dovuti fare a tappeto senza aspettare l'esplosione dell'epidemia) e mi sono ritrovata a pensare a lei. Difficilmente saprò come si chiama, quanti anni ha, la sua storia. Se mai non dovesse guarire da questo virus maledetto, non credo che riuscirò a identificarla tra i morti dei quali ogni giorno scriviamo. L'ambulanza arriva al Policlinico, la portano al Centro COVID. Le porte si chiudono dietro la barella. Non la vedrò più. Torno a casa per scrivere questo articolo e, banalmente, penso che è molto più facile quando vedi solo delle foto o dei video, quando racconti storie che ti riferiscono il fotografo o un collaboratore o un lettore che ti segnala la notizia. Niente sguardi che si incrociano, nessuna sensazione di impotenza. Solo il tuo pc e una pagina bianca, l'ennesima, da riempire con precisione e accuratezza e poi da pubblicare.

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Elisabetta Raffa

Giornalista professionista dal secolo scorso, si divide equamente tra articoli di economia e politica, la cucina vegana, i propri cani, i libri, la musica, il teatro e le serate con gli amici, non necessariamente in quest’ordine. Allergica ai punti e virgola e all’abuso dei due punti, crede fermamente nel congiuntivo e ripete continuamente che gli unici due ausiliari concessi sono essere e avere. La sua frase preferita è: “Se rinasco voglio essere la moglie dell’ispettore Barnaby”.