Ambiente. Giampilieri, Peppe Falliti (ISDE): “Nella nostra terra si muore di maltempo”

DisegnoGiampilieri
La tragedia nel disegno di un bambino di Giampilieri

Da oltre 30 anni in prima linea per la difesa del territorio, Peppe Falliti, patologo e primario del Laboratorio di Analisi dell'Ospedale Papardo-Piemonte di Messina, è referente provinciale ISDE, l'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente. In più di un'occasione lei ha dichiarato che “nella nostra terra di maltempo di muore”. E' cambiato qualcosa dopo la tragedia di otto anni fa e gli episodi successivi? “L'elevata urbanizzazione, la mancata manutenzione dei fiumi e dei versanti, il disboscamento e l'abbandono della montagna, l'apertura di cave di prestito, sono solo alcune delle cause che hanno aggravato in modo sostanziale il rischio idrogeologico nella nostra provincia. Molti dei dissesti sono avvenuti e avvengono a seguito della sottovalutazione o della assoluta incuranza dei fattori ambientali, principalmente delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche e idrografiche del territorio. Con l'arrivo delle prime torna puntuale, quindi, la polemica sul dissesto idrogeologico nella nostra Sicilia e l'unica domanda congruente sarebbe appunto: “Perché nella nostra terra di maltempo si muore?”.

Da cosa dipende l'incapacità, o meglio, la mancanza di volontà a risolvere problemi che comunque prima o poi si presentano? “L'atavica paura di non voler affrontare i temi delle emergenze ambientali in tempo di calma piatta è un esempio lampante della carenza di una cultura in tema di protezione civile. Nonostante ancora oggi non siamo stati capaci di dare un volto e un nome ai veri responsabili delle morti di Giampilieri e Scaletta, nessuno azzarda serie ipotesi di ri-equilibrio dello stato di dissesto idrogeologico dei suoli della provincia di Messina. Il fragore blasfemo della “tragedia annunciata” non si trasformerà mai nel silenzio decoroso di aver evitato la “tragedia ambientale prevedibile”.

Giuseppe Falliti
Peppe Falliti

Quali possono essere le possibili strade da seguire? “Bisogna puntare non sulle polemiche, ma su soluzioni efficaci, strutturali e definitive che escludano possibilisti ed opportunisti delle cosiddette ricostruzioni. In fondo, sono pochi i punti fondamentali su cui intervenire per risolvere il problema in maniera sinergica e adeguata e il WWF l'ha detto chiaramente più e più volte. Innanzitutto istituire le Autorità di distretto (non i soliti parcheggi di amici degli amici, ma veri esperti), come previsto dalle direttive europee, affidando loro il coordinamento delle misure e degli interventi per difendere i terreni e le acque della zona. Poi, per quanto riguarda la redazione di programmi adeguati per la difesa, la gestione e la manutenzione del suolo, sarebbe opportuno riferirsi al bacino idrografico (la nostra provincia o settori di essa) e non ai confini amministrativi regionali, come avviene oggi. E' necessario anche recuperare i finanziamenti per la difesa del suolo che sono stati drasticamente tagliati in tutte le finanziarie, affidandone il controllo a garanti tecnici super partes e garantire una progettazione multidisciplinare. Per pianificare e difendere il territorio è necessario mettere in campo competenze diverse, che vanno dalla idrogeologia all'ecologia, passando per le scienze forestali”.

Probabilmente anche a causa dell'alluvione dell'1 ottobre 2009 la collettività sembra più sensibile a tutto ciò che riguarda la tutela del territorio. “La tutela ambientale è la base della qualità del rapporto tra l'uomo, considerato nelle sue attività individuali e collettive, e l'ecosistema ambientale. E' inevitabile che si senta la necessità di riequilibrare il rapporto tra uomo e ambiente e di conseguenza di prevedere opere di manutenzione, controllo e sistemazione del territorio ove un'influenza delle attività umane sull'ambiente abbia alterato gli equilibri naturali. Interventi che in un'ottica di rispetto dell'ambiente devono essere orientati ad alterare il meno possibile le caratteristiche e le dinamiche naturali e dunque realizzati secondo modalità eco-compatibili”.

All'inizio di questa intervista lei ha dichiarato che ancora non si è riusciti a dare un volto ai responsabili di questa tragedia, ma è davvero così? “In realtà siamo tutti responsabili delle tragedie ambientali: responsabili per aver chiuso gli occhi di fronte ad evidenti colpe per gli abusi, responsabili per aver consentito che governanti di ogni tipo abbiano approfittato della nostra fiducia, responsabili per non aver capito che l'uomo non può sempre e comunque dominare le forze della natura. Un passo importante per la pianificazione territoriale del rischio idrogeologico è stato fatto con la legge del 3 agosto 1998, la 267. Questa legge ha previsto che Autorità di bacino e Regioni provvedessero, entro un termine stabilito, alla perimetrazione delle aree a rischio sulle quali venivano imposte delle norme di salvaguardia finalizzate ad impedire un aggravamento delle condizioni di rischio con nuovi interventi antropici… A distanza di quasi 20 anni stiamo ancora aspettando la piena applicazione. Devo aggiungere altro?”.

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Elisabetta Raffa

Giornalista professionista dal secolo scorso, si divide equamente tra articoli di economia e politica, la cucina vegana, i propri cani, i libri, la musica, il teatro e le serate con gli amici, non necessariamente in quest’ordine. Allergica ai punti e virgola e all’abuso dei due punti, crede fermamente nel congiuntivo e ripete continuamente che gli unici due ausiliari concessi sono essere e avere. La sua frase preferita è: “Se rinasco voglio essere la moglie dell’ispettore Barnaby”.

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